Avevano ammazzato Babbo Natale.
Era steso sul pavimento del supermercato e, tutt’intorno, il sangue si allargava in una vasta pozza dai bordi frastagliati. Alla luce del neon, contro il rosso acceso del costume, sembrava quasi nero.
«È il terzo» disse Sullivan accennando al cadavere «Ma stavolta l’abbiamo beccata».
Il tenente Steve Bucci si avvicinò al grosso agente la cui divisa nera spiccava minacciosa contro i colori sgargianti sugli scaffali. 
«Il killer dei babbi natale?».
Sullivan annuì. «È una tizia vestita da strega. Ha preso in ostaggio una cassiera e si è barricata dietro il bancone dei formaggi. Cristo Santo, siano a Natale, mica a Halloween».
Bucci guardò il poliziotto. Nonostante la stazza, Sullivan dimostrava meno dei venticinque anni che aveva e non era difficile immaginarselo intento a scartare i regali sotto l’albero. «Ragione di più per non bestemmiare» disse Bucci «e poi non è una strega».
Sullivan lo guardò con aria interdetta. Qualcosa negli occhi del tenente aveva brillato, quasi, dentro la sua testa, si fosse accesa una lampadina come quelle che splendevano tutt’intorno.
«Voglio fare un tentativo» annunciò Bucci togliendosi giacca e pistola. Prima che l’altro potesse replicare si diresse verso il fondo del supermercato. Alle sue spalle si sentiva già il frastuono delle squadre speciali che prendevano posizione.
«Cr… Maledizione tenente! » gridò Sullivan« il negoziatore arriverà a minuti».
Bucci lo ignorò e s’inoltrò tra gli scaffali.
 
La tizia aveva un mantellaccio nero e un naso finto che le pendeva sbilenco lungo una guancia. Non era vecchia, ma aveva la pelle vizza e gli occhi spiritati di chi si fa di ghiaccio da anni. Reggeva un vecchio revolver e lo teneva puntato alla testa dell’ostaggio – una grassona con una divisa troppo stretta da cui erano già saltati buona parte dei bottoni.
«Sei la Befana, vero?» chiese Bucci avanzando lentamente a mani alzate.
Gli occhi della donna vestita di nero ebbero un guizzo, come se, oltre alla droga, ci fosse ancora un barlume di coscienza dietro quelle pupille sbarrate.
«Madre irlandese, padre italiano » spiegò il poliziotto «Mi chiamo Steve Bucci».
La donna allontanò la pistola dalla testa dell’ostaggio (che non per questo parve mutare posizione) e la puntò verso il tenente.
«Da ragazzo, ogni anno, compravo un calendario» continuò Bucci «sai quelli con le caselle che arrivano fino a Natale… ogni giorno togli una casella e c’è sotto un disegno finché non arrivi al 25, il gran finale».
La pistola rimase sempre spianata, ma con minore decisione.
«Io però avevo una seconda chance il 6 gennaio».
La donna parve esitare, poi annuì.
«Sai… » proseguì il tenente « i miei non avevano una gran passione per quel vecchio con la barba bianca che hai steso. Mio padre sosteneva che i regali dovesse portarli Gesù Bambino. Suppongo che avesse ragione. Dopotutto è il vostro principale, no?».
La donna annuì ancora. E abbassò il revolver.
«Non avevamo da scialare, ma da queste parti nessuno festeggia il 6 gennaio così i miei, per l’Epifania, spendevano in saldi quel che potevano e mi riempivano di doni. Ogni anno i miei amici mi chiedevano da chi venissero quei regali, ma io non rispondevo.  Eri il mio segreto».
«S’è preso tutto quello là» disse la Befana. Lasciò andare la grassona che si spostò quasi con riluttanza, guardando Bucci come se aspettasse un cenno. Era senz’altro meno stupida di quanto sembrasse.
«S’è preso tutto quello là» ripeté la donna. Aveva una voce rasposa e un po’ distorta, come se venisse da dentro una stanza vuota.
«Nel 2003 ho posato per un calendario, ci crederesti?» continuò «poi ho pensato di entrare nel mondo del cinema» gli rivolse un sorriso sdentato come le mura di un castello in rovina.« Poi… sai come vanno queste cose».
Tocco a Steve Bucci annuire.
«Insomma, alla fine ho pensato “ehi perché non cercare un posto come figurante?” esistono anche figuranti brutti, no? La Befana mica è Miss Universo!».
La cassiera si allontanò ancora di un passo, lentamente. Steve le rivolse un cenno d’intesa.
«Ma le agenzie cercano solo babbi natale in questo periodo dell’anno!» urlò la donna levando la pistola in aria come se volesse sparare al cielo. In realtà avrebbe colpito solo le luminarie appese al soffitto.
«Avevo fatto la pubblicità della Coca Cola, da ragazza, sì ero solo una comparsa, ma era pur sempre qualcosa, no? Era una promessa da mantenere! Macché. Solo babbi natale e babbi natale e babbi natale, con la crisi che c’è non possiamo assumere altro, neanche uno gnomo clandestino da schiaffare in una fabbrica di giocattoli al polo!».
La grassona scattò dileguandosi prima ancora che Steve le desse il cenno che aspettava. Oltre che niente affatto stupida doveva anche essere telepatica. Il poliziotto udì le sue scarpe di gomma stridere sul linoleum e scomparire tra gli scaffali. La donna la ignorò e continuò: «Io glie l’ho detto, c’è la dannata festa della Befana, ci sarà pure un posto per me» disse accasciandosi.
Il tenente le si avvicinò lentamente, aggirando il bancone. La Befana aveva lasciato cadere la pistola che era scivolata in un angolo. Seminascosta nell’ombra avrebbe potuto essere scambiata per un giocattolo.
«Non volevo far fuori quei poveri cristi, cioè lo so che magari stavano messi come me, ma erano solo babbi natale e babbi natale e babbi natale. Io volevo solo, volevo solo…».
Steve Bucci si chinò. «Lo so» disse raccogliendo il revolver «volevi solo una seconda chance».

«Buon Natale, Steve e, come regalo, cerca di non fregarmi il posto» disse McAllister, il negoziatore, battendo una mano sulla spalla di Bucci prima di allontanarsi.
Il tenente non rispose. I medici se n’erano andati da un pezzo e anche gli agenti stavano levando le tende.
Solo Sullivan era rimasto al suo posto, inchiodato come una sagoma di cartone. «Non diventerò mai tenente» lo sentì mormorare Bucci. Sembrava invecchiato un po’ negli ultimi minuti e parte di quell’aria infantile pareva svanita, forse per sempre.
Nessuno aveva spento la radio del supermercato e Merry Christmas suonava giuliva dalle casse nascoste qua e là con discrezione.
Bucci lasciò l’agente e fece un giro nelle corsie, evitando la riga tracciata col gesso che indicava il punto da dove Josè Rodriguez, figurante assunto per le feste, aveva iniziato il viaggio che lo portava fuori da questo mondo.
Il poliziotto gironzolò tra gli scaffali finché non trovò il reparto giocattoli.
Avrebbe cercato un cavallo a dondolo, di quelli che funzionano solo con la fantasia.
L’avrebbe portato a suo figlio, ce l’avrebbe fatto salire e, quella sera, avrebbero inventato insieme una storia.

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