«ma quando vengono a cambiare il disco? S’incanta sempre allo stesso punto»

«ormai è fine agosto, ce lo terremo così per sempre»

Le note di “Elizabeth”, di Maurizio, echeggiano dagli altoparlanti dello stabilimento A.T.A.C. di Ostia in questa estate del 1969, quando il disco salta su Eli…Eli…Eli… arriva il sor Alvaro, il proprietario, che con un preciso colpo di fianco al Juke-box risolve il problema, la canzone, saltando i due solchi incriminati, riprende sempre ad “avrai un po’ nostalgia, nostalgia di me”.

I due ragazzini dodicenni, Carlo e Sandro, continuano l’interminabile partita a biliardino, i calzini arrotolati infilati dentro le porte evitano alle palline di rientrare nella base, il cassiere in cima alle scale fa finta di non vedere, è affezionato a quei ragazzini, li conosce praticamente dalla nascita, i loro nonni lavoravano sui tram da prima della guerra, quindi ora che sono in pensione, d’estate si ritrovano sempre nel “loro” stabilimento, nelle “loro” cabine, le prime a destra scendendo le scale

Iniziano la stagione a maggio, ed a giugno, quando sono già neri d’abbronzatura, li raggiungono i nipoti che nel frattempo hanno finito la scuola. Vanno da soli, sul trenino che da Piramide li porta all’ultima fermata, Cristoforo Colombo, poi da lì vanno a piedi fino allo stabilimento in cui li aspettano i nonni.

La mattina la trascorrono nell’acqua, mentre i grandi chiacchierano con Italo, il bagnino, anche lui quasi vicino alla pensione, se i cuccioli fanno i bravi hanno diritto alla “bellissima lunga gita in alto mare”, un vecchio barcone che fa un giretto al largo, fino al villaggio Tognazzi a Torvajanica.

È l’una, il tavolo è prenotato, sempre lo stesso, tutti si ritrovano con i piedi sotto le sedie, in un inno al cibo. Tra chiacchiere, caffè ed ammazzacaffè arrivano le due.

Il Juke-box, con il volume abbassato, sta passando “Lisa dagli occhi blu” di Mario Tessuto

Eccoli lì, i nostri amici sotto allo scalone di marmo, l’odore del fritto di calamari che poco prima li aveva entusiasmati, ora rilascia un odore un po’ forte d’olio strafritto.

Dopo l’abbondante pranzo i grandi s’appisolano tra le cabine per approfittare di un po’ d’ombra ed i piccoli così, senza controlli, giocano, provando i primi rudimenti del “rimorchio”, ancora non sono esperti e neanche capiscono bene il perché debbano fare i simpatici con le ragazzine smorfiose con cui fino all’anno prima evitavano anche d’incontrarsi.

Sandro è più sveglio, Carlo più gnoccolone, vorrebbe continuare a giocare come negli anni passati, ancora non capisce che ci sono cose nel suo fisico che stanno cambiando per sempre.

«hai visto quella biondina?»

«chi, Lauretta? È vecchia, avrà almeno 14 anni»

«però è bella, hai visto davanti che tette che le stanno venendo?»

«ma è secca!»

La “secca” si avvicina

«volete un’altra batosta? Io da sola contro voi due»

«sei femmina, è solo fortuna se hai vinto ieri!»

«va bene, oggi lo rifacciamo e se perdete di nuovo andiamo dietro le cabine e vi abbassate i costumi!»

Carlo è spaventato

«no, perché dovrei farlo? Non mi piace!» mentre Sandro prontamente

«se perdi tu, ci fai vedere le tette»

«va bene, tanto non succederà mai, però non ho sentito se accettate»

Carlo quasi piagnucolante

«ma perché ci vuoi vedere?»

«Così, solo per giocare, pensi che voglia provarci con dei poppanti? Lascia perdere, non voglio vederti il pipino mentre piangi, mi basta solo che perdi!»

Inizia così una sfida all’ultimo sangue, chi arriva prima a 10 vince, in gioco c’è la supremazia maschile che si sta perdendo, il femminismo è una parola nuova che ha preso subito piede, la donna vuole gli stessi diritti, anche le ragazzine non vogliono sottostare al maschio, sono anni di stravolgimenti, il maggio del sessantotto è passato da soli 15 mesi, la Luna è stata conquistata da poco più di un mese, il 21 luglio, l’unica volta oltre i capodanni in cui i bambini sono andati a letto dopo le tre di notte. Il festival di Woodstock si è svolto due settimane prima, ma pochissimi se ne sono accorti in Italia, a malapena qui si è sentito parlare dell’assassinio di Sharon Tate ad inizio mese, però quelle pochissime volte che la televisione iniziava a parlarne, i genitori si mettevano ad urlare per non farlo sentire ai piccoli.

Due a zero per Lauretta, mentre il Juke-box inizia “Acqua di mare” di Romina Power

«perché hai alzato le stecche quando ha tirato? L’hai fatta passare, stupido! Mettiti in difesa, adesso starò io all’attacco!»

Dopo il cambio la partita continua, il sudore inizia a bagnare la fronte dei tre combattenti che però non desistono, ormai è l’onore del proprio sesso ad essere in palio!

«hai rullato, la rete non vale»

«ma che dici, era solo un giro, è valida!»

Adesso s’inizia a sudare veramente, Lauretta ha la parte superiore del costume di stoffa leggera, quello da spiaggia, non da bagno, che inizia ad attaccarsi al corpo, Carlo se ne accorge subito, si distrae e subisce un gol stupido

«stai attento, avevamo pareggiato, ora siamo di nuovo sotto»

«5 a 4, la riprendiamo»

Non riesce a distogliere lo sguardo, un qualcosa che non aveva mai provato prima gli dà una sensazione di calore, si vergogna di quello che gli sta succedendo in basso, non può nascondersi spostandosi verso il biliardino perché lo spuntone avversario lo trafiggerebbe, spera che nessuno lo veda, i seni di Lauretta non sono grandi come l’amico li magnificava, ma sono i primi che vede così da vicino da una ragazza che gli piace, lei sembra non accorgersene, il suo sguardo è fisso sulla pallina, una goccia di sudore le arriva sulla punta del naso, si allunga all’inverosimile, poi si stacca, lui la segue come in una sequenza al rallentatore, finché esplode sul capezzolo, una sensazione magica, sconosciuta ai suoi occhi bambini.

«6 a 4, cavolo!!!»

Davanti agli occhi miei, New Trolls, è il sottofondo del suo diventare ragazzo

«7 a 4, basta, mi stai facendo perdere, hai l’uccello gonfio… ma tu stai guardando le tette di Laura!!!» lei si guarda, si rende conto che il sudore ha reso trasparente il costume, se lo stacca dal corpo, poi però guarda cosa ha provocato e si mette a ridere, all’unisono con Sandro, mentre l’angoscia s’impossessa del ragazzino inducendolo a scappare.

Laura lo segue mentre s’incavola con Sandro

«che stupido che sei, guarda cos’hai combinato!»

«ma è un cretino, lascialo perdere, e poi anche tu ridevi!!»

Si sente responsabile per quel ragazzino, le dispiace avergli provocato, senza volerlo, quel trauma, lo insegue per tutta la battigia fino ad un punto tra i cespugli della spiaggia libera, lui sta piangendo a dirotto, quando la vede incrocia le gambe per nascondere la sua vergogna.

«dai, smettila, stai diventando grande, non c’è niente di male!»

«non sei arrabbiata?» dice tra i singhiozzi

«perché? Sono orgogliosa di piacerti, ti voglio bene, sei mio amico, anzi ti considero un fratellino, smettila! Mi dispiace aver riso, non volevo!!!» e lo abbraccia, peggiorando la situazione

«ok, adesso è meglio che ti lasci da solo, ci vediamo più tardi» dice staccandosi da lui, poi, come ripensandoci, torna indietro e gli dà un dolcissimo bacino sulla bocca

«te lo meriti, ma non lo raccontare a nessuno, altrimenti non sarò più tua amica!»

«te lo giuro Laura»

«ciao!» e scappa via controsole, mentre lontano si sentono le note di “acqua azzurra, acqua chiara”.

 

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