La metropolitana era semivuota quel giorno.
Un comico stornellatore intratteneva i passeggeri con canzoncine in romanesco.
Con la chitarra accompagnava una melodia di parole condite da doppi sensi a tema piccante.
Ogni volta che lo stornellatore finiva una strofa, tutti si sbellicavano e attendevano con curiosità la strofa successiva.
Ridevano proprio tutti... Tutti tranne due ragazzi.
Mattia se ne stava seduto sul lato sinistro del vagone, nell'ultimo di una fila formata da quattro sedili. Veronica era seduta a specchio rispetto a lui, sul lato destro del vagone.
Mentre tutti ridevano, Mattia guardò Veronica ed ebbe un'intuizione. Capì, visto che lei non rideva affatto e, anzi, sembrava persino un po' triste quando invece tutti intorno a lei erano allegri, che lei probabilmente viveva il suo stesso disagio.
Mattia prese il coraggio a due mani e si lanciò nel linguaggio dei segni. Arrossì un po', immaginandosi la gaffe che avrebbe fatto se i suoi sospetti si fossero rivelati errati, ma mentre lui gesticolava, Veronica alzò il capo e prestò attenzione ai movimenti delle sue mani. Sembrava lo stesse comprendendo, così Mattia prese a muovere le mani in maniera più energica e con entusiasmo.
- Capisco come ti stai sentendo. E spero che anche tu stia capendo me, altrimenti qui sto solo facendo la figura del deficiente. -
Veronica sorrise.
- Dimmi che stai capendo quello che dico... Dammi un segnale se è così... Ti prego. -
- Sì. Certo che ti capisco. - Ah, meno male. Altrimenti proprio non avrei saputo come fare e da dove cominciare per spiegarti tutti i gesti che ti ho fatto fino ad adesso. Sicuramente mi avresti scambiato per un matto e basta. -
Veronica sorrise di nuovo.
- Avresti sempre potuto scriverlo su un foglio, no? -
- Già ma... la penna? Me la scordo sempre a casa. Veronica si portò il palmo della mano sulla fronte, ma sorrise di nuovo a Mattia. Qualcuno cominciò a guardare i due ragazzi con tenerezza, mentre il trambusto dello stornellatore e il clima allegro che si era diffuso tra gli altri passeggeri continuava.
Ci fu un momento di imbarazzo da parte di Mattia, che non riusciva più a proseguire sentendosi tutti quei nuovi occhi indiscreti addosso.
Il "silenzio" allora, si fa per dire, lo ruppe Veronica.
- E quindi tu sei sordo? O hai solo imparato la lingua dei segni da qualche parte su internet? -
Nel frattempo lo stornellatore era sceso, e nel convoglio era ritornata un po' di tranquillità. Ora   tutti i passeggeri avevano preso a osservare i due ragazzi con attenzione e curiosità.
- Sono sordo anch'io. Per questo ho capito subito, dal tuo stato d'animo, che eri triste per il fatto che tutti stessero ridendo mentre tu non potevi capire il perché. Anch'io ero triste per lo stesso motivo. -
Veronica si rabbuiò un poco, Mattia se ne accorse e se ne dispiacque. Meditò a lungo per trovare un modo per farle tornare il sorriso. Pensò innanzitutto di distrarla.
- Quindi deduco che sei sorda anche tu. -
- Non completamente. Ma sicuramente non ci sento abbastanza da riuscire a percepire le parole di uno stornellatore che canta sulla metro. -
Veronica sorrise amaramente.
Mattia si dispiacque per come si stavano mettendo le cose per lei. Il suo obiettivo primario era quello di tirare su il morale di Veronica.
Gli sguardi impietosi dei pendolari non mollavano i due ragazzi.
- Ah, quindi non sei completamente sorda. -
- Diciamo mezzo mezzo... -
A Mattia venne il colpo di genio per completare la sua buona azione.
- Va be', io sono sordo, tu sei mezza sorda... Come si dice... Mal comune, mezzo audio. -
Il viso di Veronica si illuminò in un sorriso radioso. Poi prese a ridere nella maniera gutturale di chi è affetto da sordità. In quel momento si disinteressò completamente di quale potesse essere il giudizio degl altri.
Quando si ricompose e guardò di nuovo verso di lui, Mattia era già lì ad aspettarla.
- Vedi? Prima tutti ridevano mentre noi non capivamo nulla. Ora tutti stanno in silenzio senza capire, mentre noi ridiamo. Attaccatevi al tram... anzi... alla metropolitana. 1 a 1, palla al centro. -
Veronica mimò un applauso e sorrise.
- Sei riuscito a risollevare un momento un po' triste. Devo Complimentarmi con te. Non ti ho ancora chiesto come ti chiami. -
- Mi chiamo Mattia. -
- Mattia, mi dispiace tanto ma... io devo scendere alla prossima. -
Mattia ragionò sull'idea di scendere con lei alla fermata successiva, ma poi gli tornarono alla mente i numerosi ritardi fatti al lavoro nell'ultimo mese, e così dovette rinunciare a seguire quel suo primo impulso. Dopo quel ragionamento fu lui a rabbuiarsi.
Veronica si alzò e andò verso la porta.
Mattia la salutò un po' triste, poi chinò la testa per non essere costretto a guardarla andar via. Non capita tutti i giorni che due ragazzi sordi, più o meno della stessa età, si incontrino così per caso. Quello che era capitato a lui quel giorno si sarebbe potuto definire un colpo di fortuna.
In quel momento, però, proprio mentre Mattia stava ragionando a testa china su questa opportunità sfumata, i suoi occhi misero a fuoco un bigliettino che si era materializzato magicamente tra le sue mani.
Mattia alzò la testa e ritrovò il viso sorridente di Veronica che lo salutava tirandogli un bacio.
Poi lei uscì e scomparve tra la folla.
Mattia aprì il bigliettino e trovò scritto un numero di telefono.
Sotto al numero, oltre che il suo nome, c'era anche un breve messaggio di Veronica.
FORTUNA CHE ALMENO UNO DEI DUE AVEVA LA PENNA

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