Uscì in fretta dalla cooperativa agricola ove lavorava come bracciante, nel periodo estivo. 

Era terminato il turno di 7 ore. 

La luce del primo pomeriggio lo obbligò a socchiudere le palpebre. La maglietta bianca era sporca di succo di pesca il cui odore sfumato a quello del sudore gli conferiva un alone ferino che contrastava con i lineamenti delicati, quasi femminili, del viso ed il fisico non alto, ma elegante, compattato da 6 ore settimanali in piscina. 

Estrasse dallo zaino Invicta rosso e blu i Ray-Ban wayfarer neri e le chiavi della Honda 125 XLR. 

Indossò il casco, girò la chiave e premette il pulsante dell’avviamento elettrico, mantendosi in equilibrio sulla punta del piede sinistro. 

Il piccolo motore quattro tempi emise un suono pieno le cui vibrazioni si propagarono piacevolmente dalla sella blu al corpo di Andrea. 

Accese il faro anabbagliante, inserì la prima e l’asfalto iniziò a scorrere caldo mentre canticchiava “Duel” dei Propaganda: “…and when blow by blow the passion dies sweet little death...” (E quando colpo dopo colpo
La passione muore dolce piccola morte). 

Destinazione Bagno Olimpia sulla spiaggia di Cervia, Pinarella. Un’ora scarsa di viaggio. 

Federica lo attendeva per trascorrere il sabato notte, avrebbe dormito da lei. 

La Cervese, la strada che da Forlì conduce al mare, era costeggiata da due teorie di pioppi che rendevano più che pericoloso il suo percorrerla. Si diceva che ogni tronco corrispondesse ad un morto. 

Dopo l’abitato di Tantlon la strada si immetteva tra le storiche saline separandole in due. Un coltello d’asfalto tra l’acqua grigia e salmastra, un tempo malarica, ove trampolieri bianchi e rosa camminavano aggraziati immergendo ad ogni passo il lungo becco. 

Gli piaceva quell’ultimo tratto di strada sia per l’aspetto selvaggio sia per la stravaganza dei toponimi: Tantlon, Villa Inferno, Camillone, Ficocle. 

Parcheggiò la moto in fondo al lungomare a qualche decina di metri dal Bagno Olimpia. I Propaganda continuavano: “Time to prove what forever should last. Whose feelings are so true as to stand the test?" (E' il momento di verificare cosa potrebbe rimanere. Quali sentimenti sono così veri da superare la prova).

Sin dal viottolo d'accesso, la vide nel campo di beach volley e lei ne avvertì la presenza volgendosi verso di lui. Si percepivano a distanza.

La distrazione le causò una pallonata al viso. 

Gli corse incontro abbracciandolo e baciandolo con la sabbia sulle guance, annusando il suo odore. 

Lo prese per mano sino alla cabina n. 27. 

Entrarono e senza attendere che le pupille si dilatassero, iniziò a spogliarlo. 

Gli cosparse di crema solare il pene e si accovacciò sulla stuoia di paglia distesa a terra tra mozziconi di sigaretta. Si scostò il costume e gli mostrò la piccola rosa ondeggiando i fianchi. La pelle non abbronzata biancheggiava nella penombra. L’ingresso era stretto, ma poi una galleria sino alla bocca da cui respiri veloci e lievi vocali uscivano di soppiatto. 
Dalla cabina a fianco la voce di una bambina chiese alla madre se lì dentro avessero chiuso un gattino. La madre le rispose che, forse, non c'era un solo gattino.
Stesi e sudati su quella stuoia sporca, sorrisero. 

Federica si accese una sigaretta e sbuffò il fumo sul pene che lentamente tornava alle dimensioni di riposo. 

Quando i battiti del cuore si sincronizzarono, uscirono nella luce abbagliante. 

Incrociarono una mamma con una bambina.
“Ecco i gattini!” - esclamò la madre.
“Dove? Dove?” Replicò curiosa la piccola.
La donna si leccò il labbro superiore con divertita malizia osservandoli.

Federica gli presentò il gruppo di amici. 

Al nome “Matteo”, Andrea avvertì una lieve increspatura nella voce che gli insinuò una breccia nel cuore, anche se Federica lo stava tenendo per mano. 

Il pomeriggio trascorse tra baci e onde. 

La reciproca passione affamata li teneva incollati. Il legame pareva insolubile. E i baci mai sufficienti.

Dopo la cena cucinata da sua madre, uscirono sorridenti. 

Federica si fermò nel giardino e, dal vano contatori, estrasse una bottiglia dall’etichetta rossa obliqua, dal contenuto ambrato. 

Un ghigno mostruoso e un verso animalesco non lasciarono dubbi alle sue intenzioni. 

La spiaggia era buia e la sabbia fredda. Le stelle puntinavano il cielo, illuminato ad intervalli regolari dalla luce del faro.

Si passavano la bottiglia e tra un bacio e un sorso “È finita, vero?” – le chiese Andrea con le lacrime pronte.
“Sì…” – rispose lei  con le lacrime già sulle guance. “Questa è la nostra ultima sera, notte!" - aggiunse. 
La realtà si frantumò e iniziò il loro ultimo viaggio tra la colla.
Si spogliò, divaricò le gambe e versò quel liquido ambrato tra le cosce. 

Le lacrime sulle guance non bruciavano più della lingua alcolica di Andrea dentro di lei.
Quando glielo prese in bocca dopo un sorso, gli parve di morire incendiato. 
Fu non una notte, ma “La Notte”. Quella indimenticabile che senti come unica per tutta la vita, quando la ricordi. 

Il giorno dopo Federica era un’altra, il suo cuore era di un altro: Matteo.

Sì salutarono quasi frettolosamente. Entrambi con gli occhi lucidi.

Andrea, sulla strada del ritorno, tra le saline, si fermò. 

Si sfilò il casco ne accarezzò l’immagine di Paperino, sulla fronte nera e lucida, uguale a quello che sfoggiava Barry Sheene. 

Il sole davanti a lui tagliava lo sguardo con il suo bagliore cadente, rendendo la superficie delle saline violacea. 

Un gabbiano si appollaiò sul legno di una vecchia staccionata consumata dal sale. 

Andrea si sentiva rimbalzare dall’Inferno al sale di Camillone: Tantlon, Tantlon, Tantlon. 

Ad ogni movimento la sabbia di Federica si scollava dalla sua pelle, non senza dolore. 

Il gabbiano lo guardò, aprì le ali e spiccò il volo.

Andrea lo seguì con lo sguardo sino a quando ne raggiunse un altro sullo sfondo viola appena increspato.
Si asciugò gli occhi con il dorso della mano.
Riposizionò il casco e si avviò verso casa.

I Propaganda ancora in testa: “The first cut won't hurt at all”. (Il primo taglio non fa male per nulla).

 

La moto esiste ancora, nel garage dei miei genitori. Era l'estate del 1985. Federica mi lasciò veramente per Matteo. Avevo appena compiuto 16 anni. Lei quasi 15. Eravamo insieme da 3 anni. Ho lavorato realmente nei magazzini di frutta durante alcune estati. 

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