«Sparisci sgorbio»

Ti ricordi quando mi apostrofasti con queste parole, quando ti chiesi di ballare? Per te era normale trattarmi così, eri la miss del nostro piccolo paese di provincia, quella che era riuscita ad entrare in finale nel concorso di miss Italia dell’anno scorso, non potevi farti vedere insieme ad uno sfigato qualunque!

Invece quello sfigato ora ti ha arpionata, e non nel senso figurato del termine, ma in quello reale.

Facciamo qualche passo indietro, il 10 luglio 1976, da un’azienda del nord Italia, fuoriuscì una nube di diossina che si sparse per un’area molto ampia. 40 anni dopo, quando ormai nessuno se ne ricordava più, iniziarono ad uscire dalle tombe dei cimiteri, corpi più o meno putrefatti, quelli più in buono stato iniziarono ad assalire i paesani, che a loro volta iniziarono a mangiarsi qualunque malcapitato incontrassero.

Oggi la carneficina si è estesa in tutto il paese, il governo è diviso tra interventisti e buonisti, capite chi sono? Quelli che pensano “in fondo i nostri parenti andati cercano solo la pace, vogliono solo essere aiutati, diamogli in pasto i malati terminali, quelli in coma terapeutico e vivremo… ehm… staremo tutti felici e contenti”.

In attesa che i piani alti decidano come affrontare la situazione, io mi sono chiuso nel mio podere impenetrabile, ho abbastanza cibo per poter sopravvivere molto tempo, ogni tanto, quando gli zombie aumentano troppo, passo un getto di napalm stile Vietnam attraverso i cancelli e vivo felice… volere è podere!!

Ma poi ti vidi, bella come il sole, Miss Seveso 2016, perfetta, ma con un piccolo difetto: eri diventata una di loro, grazie ad un morso su una spalla!

Purtroppo era bastato per contagiarti, ma non per sfigurarti, un fiore delicato passato tra le file dei mostri.

Presi subito una decisione, mi arrampicai sul muro di cinta con il fucile da pesca subacquea e mirai con precisione. L’arpione si conficcò dove eri stata morsa, non volevo rovinarti ulteriormente, iniziai a tirarti su.

Non ti dibattesti, mi guardavi con quell’aria stupida che avevi anche da viva, riuscii a farti cadere nell’erba a faccia in sotto, a distanza di sicurezza dagli altri tuoi colleghi.

Ti misi un ginocchio sulla schiena, togliendoti l’arpione, ovviamente non sentivi niente e non perdevi sangue. Provavi a rialzarti, ti muovevi scompostamente, nel farlo la gonna si rialzava mostrandomi le tue ancor stupende gambe, ti avevo catturata in tempo, i danni erano pochi.

«Mi ecciti ancora troia, sei un gran bel pezzo di carne scopabile!»

Ti legai le mani sulla testa, presi due tavole, ti girai e ti ci misi sopra per trascinarti verso casa. Un po’ stancante, ma cosa non si fa per amore?

«Hai l’aria interrogativa! Non capisci cosa sto facendo? Ti sto portando verso il talamo nuziale, saremo la prima coppia mista tra le due specie, hai un onore non indifferente, mostrati disponibile!»

Ti dibattevi eccitandomi sempre più, mentre allargavi le gambe alla ricerca di un equilibrio sempre più difficile da trovare mi guardavi con desiderio

«Ora non sono più uno sgorbio, vero? Sei pronta ad amarmi?»

Stavo iniziando a toglierti le mutandine per la nostra prima congiunzione carnale quando suonò il campanello

«Ma che cazz…»

Era un uomo che stava scappando, urlava di terrore, non volevo rispondere, ma un senso del dovere mi portò verso di lui

«Mi salvi, la prego!»

Aprii il cancello, entrò verso casa, ti vide con le mutandine abbassate alle ginocchia, capì subito cosa volevo fare, si girò tirando fuori dalla tasca un coltello, fui costretto a sparargli in fronte.

Cosa potevo fare adesso? Pensai a te.

«Amore, il tuo pranzo è pronto, ora ti libero, ma non avvicinarti a me altrimenti rimarrei doppiamente vedovo!»

Ti sciolsi la corda, barcollando ti avventasti sul morto di fresco con voluttà, dopo un quarto d’ora finalmente eri sazia, ti legai di nuovo

«Aspetta tesoro, ho una “ball gag” che sembra fatta apposta per te»

Le legai la cinghia dietro la testa, infilando prima la palla nella bocca, ovviamente non avevo paura che tu non riuscissi a respirare, non avevi più di questi problemi, finii lentamente di spogliarti e finalmente scopammo.

«Sei un po’ frigida, me lo immaginavo, tutte le ragazze che si sentono meravigliose sembra sempre che la facciano cadere dall’alto a noi maschietti»

Il magico amplesso finì al calar del sole. La liberai in giardino e mi chiusi a chiave in casa fino alla mattina dopo. Lei era lì ad aspettarmi.

Ecco, vi ho raccontato la nostra storia d’amore, è una settimana che siamo sposati, ci amiamo oltre la morte, certo ancora non posso fidarmi di lei, ma in fondo chi può essere così sicuro della fedeltà nel proprio matrimonio?

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