In Spagna non puoi uscire fuori dal locale a bere il tuo drink, a causa delle leggi e delle limitazioni che la Guardia Civil si tiene ben impegnata a far rispettare. Attraversammo quasi tutte le calle su Barrio Gòtic, e ci fermammo a bere al Sincopa su la Carrer d'Avinyó. Al banco sedevano due inglesi con la faccia d'angelo, una era più grossa dell'altra, bevevano un amaro in mezzo bicchiere corto. Mi girai verso una di loro e offrii una sigaretta; "Non fumo" rispose, ma potremmo bere qualcosa. Io e A. avevamo appena ordinato due gin and tonic con Bombay e Indian Schweppes Tonic. "Bombay?!" fece la cameriera con la a aperta, rispondemmo di sì e li scolammo abbastanza in fretta, pagammo il conto e ne prendemmo altri due con qualche goccia di angostura e cetriolo. Mentre lo preparavano dissi alla bionda che doveva assaggiarlo.

"Purifica lo stomaco se lo tieni vuoto da un pezzo".

Prese a muoversi sulla sedia mentre rideva per quello che avevo detto;

"Sono serio!"

"Sei italiano?".

Avrei voluto dirle no per i moti politici sull'immigrazione del mio pase, comunque non troppo diversi da quelli Spagnoli nell'ultimo periodo, almeno per quello che riguarda le Ong. Non feci in tempo a rispondere che disse: "Gli spagnoli portano i baffi piu corti, Americano allora?!"

"No italiano", non volevo immischiarmi con gli Americani. Uscimmo fuori a fumare e lasciammo perdere quelle due, avevo lo stomaco mezzo vuoto e il gin cominciava a fare quello che doveva fare.

Incrociammo bangladini che volevano venderci marijuana, o della cocaina, cerveza nel meno vantaggioso dei casi. Li ignorammo e prendemmo a camminare senza direzione. Entrammo al Marula cafè su la Carrer dels Escudellers, e dissi ad A. che era meglio prendere un altro drink. "sul serio", rispose lui. Attraversammo una piccola passerella per entrare dentro al locale: era buia e c'era odore acre di vomito e mirtillo, non si sentiva la musica. Aprimmo le due grosse tende nere e

ci trovammo davanti una folla che ballava, un tizio di colore ci diede il benvenuto, sembrava cordiale ma aveva l'aria di qualcuno che voleva fregarti. Urtammo le braccia e i piedi delle persone davanti al banco per entrare in fila, ma ci accorgemmo che faceva freddo a causa dell'aria troppo alta e per questo decidemmo di uscire subito senza bere. Prima andammo al bagno e dovemmo fare le scale per scendere giù, le pareti erano rosse e davano l'idea di un vecchio teatro adibito a qualcos'altro.

Quando salimmo senza consumare il tizio di colore non fu cordiale e chiese con sospetto di spostarci più avanti come se fossimo della Policia Nacional o cosa; mi chiedevo cosa succedesse lì dentro e dove diavolo fossero finiti i ragazzi. A. rispose che li avremmo incontrati al Polaroid bar su la Carrer dels Còdols.

Dentro c'erano locandine dei film appese al muro e un collage sul silenzio che mi venne voglia di fotografare, ma passai prima al bar a prendere un altro drink e finii per dimenticarmene. Notai S. che parlava con delle ragazze sedute a un tavolino, mi salutò con il solito fare delirante mentre approcciava in spagnolo, cosi decisi di dargli una mano e chiesi: "Cosa si fa in questo posto quando la musica finisce?", ero sicuro mi avrebbero capito. Una tipa vispa e carina rispose che si andava al mare e bisognava portare con se una bottiglia. Mi aveva capito. "Gin, chiesi?", "Gin va bene" disse lei. Mentre parlavamo uno scroscio d'acqua mi colpì in pieno alla schiena, l'acqua raggiunse le ragazze; una di loro esclamò "No es bueno cuando esto sucede en españa!", entrarono dentro con aria preoccupata,

e A. uscì con il cellulare in mano fradicio, gli era caduto nel cesso. "meglio non pensarci", disse, ma ci stava pensando eccome.

L'indomani saremmo andati alla Féria, nella città di Gràcia. Il mattino seguente non aveva l'oro in bocca, lo stomaco era ancora vuoto e sul tardi facemmo colazione; avrebbe dovuto bastarci fino a sera. Prendemmo la metro a Verdaguer e scendemmo a Diagonal, salimmo un mucchio di scale prima di uscire fuori dalla stazione e vedemmo ragazzi e ragazze ovunque con le birre e le bottiglie conservate in buste di plastica termiche; seguimmo il flusso. La fiesta era appena cominciata, da lontano si sentiva la musica, e si vedeva la gente in cerchio attorno al palco. Entrai con A. a prendere la cerveza, in quell'istante M. telefonò dicendomi di stare per arrivare. L'avevo vista un paio di volte prima di partire, ci stavamo conoscendo o frequentando, questo non l'avevo ancora capito e comunque presto o tardi ce lo saremmo chiesti davvero, ma mi faceva piacere rivederla lì. Andammo a prendere un gin Cubical con Schweppes Indian Tonic lungo la calle, affollata ancora più di quando arrivammo. Una ragazza fradicia lanciò la bottiglia di vetro in aria, non mi prese alla testa per pochi centimetri ma mi inzuppò la camicia di birra e fu questa la prima cosa che chiese M. quando arrivò. "Vorrei spiegartelo" dissi, a quest'ora sarei potuto essere a l'Hospital.

Bevemmo senza perdere troppo tempo tra un bicchiere e un altro, la Féria era coinvolgente e potevi spostarti da un angolo a un altro della città e sentire la musica e vedere gli ubriachi ballare, si sentiva odore di marijuana e il rumore della Ferià rimbombare tra le mura e sotto le scarpe. Mi chiedevo se non avessero liberato un toro da un momento all'altro."Muoiono sempre prima i coraggiosi" dissi a M. a tal proposito. "Comincia pure a correre" rispose lei. Quando ci incamminiamo fummo inghiottiti dalla folla, presi M. per mano, per non farla schiacciare e mi misi davanti ad attutire l'urto, alla fine fininmo per perderci. Non fu facile ritrovare i ragazzi, ma nemmeno difficile, ci baciammo sulla bocca e parlammo come non facevamo da tempo, nel frattempo la Ferià si stava spostando dove eravamo noi. Prendemmo un altro gin e il tizio orientale dietro al banco mi propose un euro di sconto se gli avessi portato indietro il bicchiere.

"Non lo so amico"

"Vale, vale".

La musica elettronica dava appena alla testa, la gente cominciava a muoversi d'inerzia. Ballammo per qualche minuto guardandoci negli occhi, erano le quattro del mattino, avevo ancora il bicchiere del tizio nella tasca dei pantaloni, poi lo persi e quasi mi spiacque per lo sconto. Il giorno dopo M. sarebbe partita e mi spiacque anche questo. Alle cinque prendemmo il bus per tornare a casa, mi voltai in giro per vedere le facce della gente: notai S. che dormiva d'un pezzo sul sediolino e A. che diceva qualcosa a tal proposito divertito, e sempre a tal proposito la gente sul bus cominciava a guardarlo in malo modo,

"Esta Borracho", fece A. poi una ragazza salì e sedette sulle mie gambe. La guardai dallo specchio, ero abbastanza vicino al posto di guida. Mi guardava e tenne su un sorriso malizioso e divertito per tutto il tempo. Quando fece per scendere si voltò e chiese: "Bevi qualcosa?", "Sono a posto", dissi. Sorrise di nuovo e scese alla fermata. In Spagna la fiesta non finisce mai.

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