Camminare per le vie del centro rendeva Ambra più leggera: le sembrava di abbandonare i suoi problemi pezzo dopo pezzo agli angoli delle strade, nelle botteghe di prodotti tipici, alla fine delle interminabili scalinate di marmo. Adorava girare in completa solitudine e per quanto amasse la compagnia delle sue amiche non aveva mai pensato di coinvolgerle in ciò che era diventato una vera e propria pulizia spirituale. Sembra incredibile, vero? La città, sporca sia in terra, che nei muri, addirittura nel cielo grazie allo smog, riusciva a ripulirla più di quanto avessero mai fatto gli spazi incontaminati di montagna da cui proveniva. Così, tra una lezione e l’altra, Ambra andava alla scoperta di Bologna; la conosceva ancora poco, nonostante fossero ormai tre mesi che ci abitava. Non era riuscita a fare molto più che il tragitto casa-università e casa-stazione, dato che i primi tempi aveva preferito tornare al suo paese ogni qualvolta le fosse possibile.

Tornare, sì, da sua madre, dalle sue amiche, da lui, perché ovviamente c’è sempre un “lui”. Adesso le cose erano cambiate: anche le sue amiche si erano trasferite, non a Bologna, sarebbe stato troppo facile, una aveva addirittura cambiato regione, mentre il famigerato ragazzo di nome Antonio era rimasto lì, ma senza suscitare più alcun interesse nei confronti di Ambra. Restava solo sua madre, dunque; per fortuna le mamme rimangono sempre. Punti fissi, capisaldi nella linea della vita. Aaah, quanto avrebbe voluto un giorno diventare come lei! E quanto si sentiva distante da poterlo essere! Anche per questo motivo passeggiava per le strade cittadine: sentiva di poter imparare molte cose col solo fatto di essere lì, di acquisire un occhio critico nei confronti del mondo e magari riuscire ad essere un po’ meno ingenua. Maturare, crescere, diventare donna. Tutte cose che non aveva mai sentito veramente fino a che non si era trasferita; sentire, sì, è il verbo giusto, Ambra poteva sentire nel caos cittadino un richiamo, una forza propulsiva che l’attirava verso il futuro. Spinte che in provincia mancavano. Ambra voleva estremamente bene al suo paese d’origine, lo conosceva in ogni singolo dettaglio e ogni luogo era ricco dei suoi ricordi più belli, ma si era sempre sentita prigioniera tra quei monti, impossibilitata a guardare verso l’orizzonte.

Certo non tutti la pensavano come lei, anzi, sembravano essere soddisfatti delle prospettive che avevano rimanendo lì. Antonio, per esempio, aveva accettato un lavoro in fabbrica rinunciando al suo sogno di diventare musicista. Si era accontentato, aveva abbassato la testa, aveva smesso di guardare il cielo come solo chi nutre una profonda speranza è in grado di fare, e Ambra non era riuscita a sopportarlo. Ogni volta che lo guardava, magari la sera di ritorno dal lavoro, vedeva ciò che sarebbe capitato a lei se avesse smesso di combattere: rassegnarsi a una vita che non si è mai voluta perché non si ha il coraggio di tentare.

Aveva cercato di convincerlo in tutte le maniere, ma non c’era stato verso, Antonio non ne aveva voluto sapere e così un paio di settimane dopo lo aveva lasciato.

Per lei non era stato affatto semplice tagliare i ponti: erano persone molto diverse, ma si conoscevano da tanto e avevano imparato a funzionare bene insieme. Inoltre entrambi guardavano verso un punto di arrivo, sognavano, lottavano contro una realtà che si faceva ogni giorno più dura; venivano guardati come sciocchi dalla maggior parte dei loro conoscenti, o peggio, dovevano subire sguardi di pietà, come se fossero matti. Ma non erano sciocchi né tantomeno matti, semplicemente osavano, avevano ambizioni e coraggio da vendere. Ambra aveva perso un compagno di viaggio, oltre che di vita, e il fatto di aver visto Antonio gettare la spugna metteva in discussione anche la solidità delle sue scelte. Avrebbe lasciato perdere tutto anche lei? Quanti sacrifici avrebbe dovuto fare prima di raggiungere il traguardo o prima di abbandonare la nave?

C’erano tanti punti interrogativi e se ne aggiungevano in continuazione, non mancavano i momenti di sconforto, ma lei proseguiva, andava avanti con fermezza. Si era quindi trasferita a Bologna per studiare Lettere e diventare giornalista: adorava leggere, ma ancora di più scrivere, e poterlo fare sull’attualità o svolgere inchieste era ciò che più desiderava al mondo. C’è chi ha bisogno di un pallone per sfogarsi, chi libera la mente mandando giù bicchieri di whiskey uno dopo l’altro e poi c’era lei, a cui bastava una penna e un foglio bianco. Si staccava dalla realtà e allo stesso tempo rimaneva se stessa, o meglio, si mostrava veramente per ciò che era: parlando riusciva a mentire, a mascherarsi dietro personalità fittizie, ma scrivendo… mai avrebbe potuto essere diversa da come si presentava. Anche quando si dava alla stesura di racconti con protagonisti distanti anni luce dalla sua personalità, era come se tirasse fuori la sua anima, formata da tantissime parole, che all’occorrenza si prestavano a varie interpretazioni. Era sempre lei, sotto innumerevoli spoglie, ma ancora Ambra, in ogni riga.

Per il secondo anniversario aveva provato a scrivere una lettera a Antonio, per mettere nero su bianco i suoi sentimenti e aprirgli una finestra su di lei, ma non c’era stato verso: il foglio era rimasto bianco. Al massimo un paio di parole, che venivano cancellate quasi istantaneamente perché inadatte, sciocche, esagerate. Niente, non ci era riuscita. Quante volte gli aveva fatto leggere i suoi lavori, i temi, la bozza del libro a cui aveva dedicato ore e ore nel corso del liceo, quante volte aveva superato l’imbarazzo e gli aveva messo tra le mani la parte più intima di se stessa!

Più di ogni altra cosa voleva scrivere per lui, su di lui; usare le parole giuste, dare una forma a quello che aveva provato nel corso della loro relazione, fargli capire che mondo c’era dietro un sorriso. Eppure, per quanto lo desiderasse, non ci riusciva, non venivano fuori le parole e lei si sentiva vuota come il foglio che aveva davanti. Ci aveva riprovato più avanti, ma il risultato era stato lo stesso, quindi aveva rinunciato. Inizialmente aveva attribuito tutto all’ansia di dover essere perfetta, alla mancanza di ispirazione e via dicendo; poi, però, cominciò a dar un peso maggiore alla questione, fino ad arrivare al punto “Se non mi vengono le parole per descrivere la persona che in teoria dovrebbe essere la più importante, significa che in realtà non lo è”, quasi fosse colpa di Antonio, come se non meritasse tutto ciò. Da lì le cose cominciarono a prendere una piega spiacevole e la situazione era precipitata. La sera dopo averlo lasciato, Ambra riempì un intero foglio protocollo: ci era riuscita.

Bruciò quei fogli alla prima occasione.

 

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