Era una di quelle giornate di inizio autunno, quando l’aria comincia a farsi frizzante, ma il sole ancora abbraccia la pelle con un calore gentile. Nel cortile della scuola, bambini correvano e ridevano, mentre lei osservava tutto da lontano, una leggera piega sulle labbra. Dafne, maestra di terza elementare, era abituata a quel caos organizzato, ma quel giorno c’era qualcosa di diverso nell’aria. Forse era solo stanchezza, o forse la sensazione che qualcosa di inatteso stesse per sconvolgere il suo mondo ordinato.

Stava sistemando gli ultimi fogli di lavoro sulla scrivania quando sentì delle voci fuori dalla porta. Si voltò e vide una bambina, biondina e con gli occhi blu, aveva uno zainetto colorato e rideva complice con qualcuno alle sue spalle. Dietro di lei, una figura maschile, alta e imponente, si stagliava contro la luce. Aveva una camicia bianca arrotolata ai gomiti, macchiata qua e là di colori. Forse pittura. Dafne aggrottò la fronte, incuriosita.

L’uomo sollevò lo sguardo e incontrò i suoi occhi. Fu come se l’aria tra loro si elettrizzasse. Per un istante, tutto il resto svanì: i bambini, le risate, il suono delle campanelle. C’era solo lui, con quegli occhi scuri, intensi, come pozze profonde nelle quali Dafne si sentì affondare senza rimedio.

Lui le sorrise. Un sorriso lento, quasi timido, ma che portava con sé una promessa. Dafne si sentì colpita al petto, come se il cuore avesse perso un colpo.

"Papà, dobbiamo andare!" la bambina lo richiamò all’ordine, tirandolo per la mano. Lui si scosse, abbassando lo sguardo a sua figlia con un affetto visibile, ma prima di andare le lanciò un’ultima occhiata, quel sorriso ancora dipinto sul volto.

"Chi è quello?" chiese Sara, la collega di Dafne, avvicinandosi curiosa mentre sistemava i materiali per la lezione successiva.

"Non lo so," rispose Dafne, cercando di mantenere una voce indifferente, anche se sentiva ancora il cuore battere troppo veloce. "Un nuovo genitore, immagino."

"Be', di certo è un tipo interessante." Sara rise, dandole una pacca sulla spalla. "Forse dipinge. Hai visto le mani? Piene di vernice."

Dafne annuì, ma non riusciva a togliersi dalla mente quegli occhi, quel sorriso, come se l’uomo l'avesse toccata con un solo sguardo.

Quella sera, il pensiero di lui continuava a tornare, insinuandosi mentre Dafne preparava la cena per i suoi tre figli. Edoardo, il maggiore, stava cercando di fare i compiti al tavolo, mentre i più piccoli, Alice e Filippo, giocavano rumorosamente in salotto. Nonostante il caos quotidiano che di solito la assorbiva completamente, c’era una parte di lei che restava con quel misterioso sconosciuto.

La notte, nel silenzio della sua camera, sentì il bisogno di chiudere gli occhi e immaginare di nuovo quegli occhi su di lei, quella sensazione di essere vista davvero, profondamente, come nessuno aveva fatto da anni.

Dafne era una sognatrice. Aveva imparato a essere pratica, con tre figli da crescere e un ex che non era mai stato davvero ex. L’unica cosa di cui era certa era che quell’uomo… c’era qualcosa in lui che la faceva sentire viva, come se il mondo potesse ancora riservarle sorprese.

L’indomani, Dafne non si aspettava certo di rivederlo così presto, invece, l’universo sembrava proprio spingerli l’uno verso l’altro. Quando uscì dal portone della scuola, con il sole mattutino che le scaldava la pelle, lo vide lì, appoggiato alla sua auto con le braccia incrociate e lo stesso sorriso che l’aveva turbata il giorno prima.

"Sei una maestra della scuola di mia figlia?" chiese lui, con una voce profonda, calda come il miele.

"Dafne" si presentò lei, sentendo un'improvvisa timidezza salire come un fuoco sottopelle.

"Leonardo," rispose lui, sciogliendo le braccia e avvicinandosi. "Sai, è strano..” disse lui quasi arrossendo, “non riesco a smettere di pensare a ieri."

Il cuore di Dafne fece un balzo nel petto. "A ieri?"

"Quando ti ho vista," confessò lui senza esitazione, lo sguardo che le scorreva sul viso come se stesse studiando ogni singolo dettaglio. "Non so spiegare perché, ma mi sembra di averti già conosciuta."

Le sue parole erano dirette, semplici, ma colpivano con una forza disarmante. Dafne si sentì esposta, vulnerabile, come se tutto il suo mondo potesse crollare in un istante, ma al tempo stesso, sentiva un desiderio irrefrenabile di essere vista così, senza barriere.

"Strano, perché anch'io non riesco a smettere di pensarci" ammise lei, quasi sorpresa dalle proprie parole. Era una cosa che non avrebbe mai detto, ma con lui era diverso. Tutto sembrava giusto, anche se non avrebbe dovuto.

Leonardo la guardò per un lungo istante, poi fece un passo avanti, riducendo la distanza tra loro.

"Ho una mostra d’arte questa sera, nella galleria che gestisco," le disse, abbassando la voce come se stesse svelando un segreto. "Vieni?"

Dafne avrebbe dovuto dire di no. Aveva tre bambini, una casa, responsabilità. Ma quando lo guardò di nuovo negli occhi, capì che quel no non sarebbe mai uscito dalla sua bocca.

"Sì," rispose invece, sentendo il suo corpo rispondere a un impulso che non poteva più ignorare.

La promessa di quella notte non era fatta di parole, ma di sguardi, di elettricità che passava tra loro senza bisogno di essere detta. Dafne sapeva che stava per entrare in un territorio pericoloso, ma per la prima volta in anni, desiderava sentirsi viva, desiderava lui.

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