Il passo felpato della signorina Potter animò il silenzio spettrale nell’antica biblioteca e il giovane Franz emerse dal labirinto nebbioso che torturava da giorni la sua debole mente. 
L’anziana signora, minuta e composta, scivolò con grazia alle spalle del ragazzo.
"Cosa c’è, Franz, ti sei perduto?" 
Le pupille dello studente divennero impercettibili puntini nell’oceano del suo sguardo trasparente, la donna gli prese la mano e la passò sul tomo indecifrabile di formule e numeri astrusi. 
"Lo senti?"  gli disse "Ti parla. Ti parla, ma tu non sai ascoltarlo."
Franz si irrigidì un po’, quella talpa seppur così garbata doveva essere completamente fuori di testa.
"Aspetta" suggerì la donna " Chiudi gli occhi e tasta questa copertina. Cosa senti?"
"E’...è fredda" rispose il giovane "E’ morbida, accogliente...ma fresca...credo sia scura, forse blu notte."
"Benissimo" civettò l’anziana signorina soddisfatta "Vedo che apprendi in fretta…sarai un ottimo allievo."
E fece sparire il romanzo sul bordo di uno scaffale impolverato. Era di Verne:  Ventimila leghe sotto i mari.
L’appuntamento quotidiano con la signorina Potter divenne una piacevole abitudine per il giovane Franz, quella vecchia biblioteca di muffe e tarli gli appariva ogni giorno di più come un giardino di celati segreti da scoprire, di colori fulgenti da ammirare sotto la patina di timido grigiore. 
E poi l’odore!  Indescrivibile, unico, perché diversa la carta, l’inchiostro, il periodo e la materia dai libri trattata, così che ad occhi chiusi Franz riconosceva l’aroma di menta frizzante dei boschi e dei fiumi del Nord America o il rosso caldo e dolciastro del sangue versato nelle guerre, l’odore acre del legno marcio che impregnava le navi dei pirati o quello pungente e deciso nei testi d’algebra. 
Altro che silenzio, quegli stanzoni secolari raccontavano agli uomini il mistero della vita, la chiave d’accesso per intraprendere la via della conoscenza e giungere al tempio della Verità. 
Franz si nutriva in quel luogo più e meglio che nella più rifornita delle pasticcerie, i suoi sensi obnubilati si erano risvegliati al suon di flauti magici che lo trasportavano in una dimensione di totale completezza. 
Il dodicesimo giorno, alla vigilia degli esami, la signorina Potter lo accolse con un sorriso più illuminato del solito. 
"Siediti, Franz. Oggi ti farò conoscere un altro capolavoro, il migliore che l’uomo abbia mai realizzato."
Il ragazzo iniziò a spaziare con la mente, affinò con l’istinto di un animale selvatico tutti i sensi di cui disponeva, tranne la vista, fuorviante e spesso ingannatrice. Chiuse gli occhi e si preparò a tastare copertine ruvide e spigolose dall’odor di tabacco e tè rancido che mani sapienti avevano rilegato con cura certosina, ingiallite dal tempo e dall’usura di lettori maldestri. 
L’anziana bibliotecaria aprì un sacchetto di carta riavvolto e ne estrasse una calda e croccante baguette, spezzò il pane fumante e ne imboccò un pezzetto a Franz che inspirava sorpreso ed inebriato.
"Ed ora dimmi…che cosa hai provato?"
Il giovane si portò una mano sulle labbra socchiuse, raccolse tra le dita l’ultima briciola e con voce sommessa rispose;
"L’eternità!".

                                                                                                           

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