L'inverno é triste rammentava Magda impavida, mentre fuori la neve oscillava perpetua e copriva gran parte delle cose, forse tutte. C'erano seni enormi di ghiaccio per le vie del centro. Nel vicinato, gli alberi sembravano aver perso smalto, le case il colore originale. La ragazza sembrava pronunciare qualcosa tra sé e sé quando spalava. Mi pareva udirla, mentre guardavo dalle enormi finestre che circuivano la mia stanza, nel quartiere di Camden. Una recensione fin troppo dettagliata sulle cose da visitare a Londra accompagnava l'annuncio quando la presi in affitto; eppure mai mi sarei aspettato di vedervi la ragazza, le sue faccende mattutine. C'è una dose di verità nei ricordi; seppur lontani, mi appare in maniera nitida quello che ho in memore, o in serbo (per me stesso forse?) quando esercito la mente cercando di pensare a qualcuno o qualcosa. Perciò, mi sembra corretto riportarlo. La pala con cui spazzava era marrone, di quel colore che nessuno indosserebbe per le chiare difficoltà di abbinamento; tipo quei maglioni che finiscono nell'armadio senza essere usati nemmeno una volta. Quelli che ti regalano a Natale familiari o comunque persone senza gusto nel vestire o nello scegliere regali, nel dedicarti del tempo, e tu ringrazi sufficientemente da far capire che non hai apprezzato. Con un sorriso sarcastico, ricambiando il loro disimpegno per il tuo regalo. Le mani raggrinzite dal freddo impugnavano forte; al tempo stesso elastico era il movimento che faceva dopo aver bevuto qualche tazza di tè al miele, per riscaldarsi nel suo corpo esile ma non troppo. Il giusto. Indossava delle cuffie di una marca buona, calze a rete nonostante il freddo e un soprabito da notte verde,  color smeraldo. Quella roba da ricchi, che in genere indossano in casa mentre sorseggiano del buon whisky invecchiato in salotto, e smorzano un cubano di prima scelta approcciando agli ospiti con un fare mastodontico, di investitura medievale. Mi piace pensare che il sorriso fosse la parte migliore, quello che di più bello potesse indossare; e quelle labbra tenere e tenebrose al tempo stesso,  sembravano dire "ciao" in maniera gentile e affamata. Ogni volta che porgevo lei un cenno, una parola o uno sguardo più da vicino. Qualcosa a cui nessun re del mondo avrebbe potuto rinunciarvi,  per quanto prezioso, per quanto misterioso, come un oggetto da collezione,  dalla stragrande bellezza. Londra é una città avvolgente, ti perdi nel traffico delle cose che sembrano e che invece non sono mai. Continuamente tutti visitano le specialità con assoluta sicurezza, nel tentativo di farlo come se andasse per forza fatto, da turisti ecco. Però nessuno mai, si ferma un minuto ad osservare. Così, qualche giorno dopo il mio arrivo nella piccola grande mela britannica; il cielo era ancora grigio come l'avevo trovato,  ma non un grigio qualunque; uno più intenso. L'Inghilterra ha un lato che definirei sub-humor, nel senso che tutti la immaginiamo in un modo o nell'altro, ma non è mai come pensavamo fosse. Avevo in mente una roba da film di Hugh Grent, con donzelle gentili che non sapessero quale marito sposare, e uomini stravaganti in frack o col fermacravatta. Giocatori di tennis, polo, o qualsiasi cosa faccia sudare meno, e sporcare meno. Vestiti gialli, cappelli bizzarri, cricket, cavalli, moda, eleganza, arazzi, ghirlande e stemmi di famiglia. Forse é un pensiero che condividiamo tutti, di sicuro non Magda quando le chiesi la prima volta, davanti una bancarella al mercato di Camden quanto costasse quella vecchia macchina da scrivere. Una Olivetti dal fascino italiano che mi faceva tornare alla mente Pasolini, ma anche mio nonno e che ella definiva "typewriter". Notai subito quanto la fanciulla si immedesimasse nel tipico stato di attenzione differente rispetto quello altrui. Come se fosse chiaramente segnata da un epoca che non le appartenesse affatto, eppure era proprio lì, davanti ai miei occhi. Poco le importava del mio definire una poco comune macchina da scrivere italiana, come se appartenesse di diritto alla mia terra d'origine, alle mie tradizioni. Per Magda l'Inghilterra non esisteva affatto, o meglio non più. C'erano i cimiteri le sale da tè, i boudoir. Questo mondo le apparteneva, eppure non era sotto i suoi piedi. Lei era altrove, non importava quanto tempo impiegasse la metro per collegare due punti distanti. C'erano le biciclette, e per fortuna le gambe, poi il disinteresse. Gli uomini sono spinti dal tempo che comincia; e che fanno coincidere con le loro vite in maniera drastica, diceva. Irrimediabilmente vanno di fretta, sono di corsa tra un affare e l'altro. Il disinteresse secondo Magda, voleva dire vivere senza costrizioni, camminare se si ha voglia di camminare, fare colazione alle cinque invece del tè. Le cose fatte distrattamente, ecco diventano piacevoli. Nei giorni che seguirono mi portó in giro per la città. Poi ancora ci demmo appuntamento quando fosse finalmente sorto il sole, che non arrivò; ma ci vedemmo lo stesso. La piccola mela sembrava più bella che mai con lei di fianco. Più grande, più smisuratamente ogni cosa o aggettivo. Facemmo un sacco di domande, fumai diverse sigarette; questo perché sentivo quell'indissoluta ansia di voler afferrare il tempo, per non farlo andare troppo velocemente. Ci innamorammo, ci trovammo. Facemmo l'amore a casa sua, poi a casa mia. La camera fredda si riscaldava dei nostri baci, il pavimento sembrava trovar ricovero con i nostri vestiti per terra, e le mura colorate sbiadirono di fronte a quei corpi stretti, uno nell'altro. Per lei ero l'italiano dagli occhi tristi. Io non seppi darle definizione. Non avevo mai visto una donna far l'amore con gli occhi, col naso, la bocca, tutto il corpo. Magda era una venditrice di oggetti antichi; dipingeva pitture per anime affamate e sognava di trasferirsi in Francia o giù di li. Io un poeta con gli occhi tristi. Le cose furono così veloci che nessuno poté afferrarle. Avevamo vissuto una settimana in un solo giorno, e così per quelli che vennero. Una Domenica pomeriggio, l'aereo del ritorno mi attendeva. Guardai le finestre di Magda, erano chiuse. Sentivo il suo profumo intorno; e quel vuoto dentro e fuori. Quel grigio cielo che credevo inasprisse, e mi fosse entrato dentro. Non ci furono addii, saluti, nessuna

parola per definire i momenti passati insieme. Londra divenne più triste che mai. Scesi le due rampe che mi portarono direttamente in strada, e di colpo cominció a piovere. Feci qualche passo con il mio trolley nero, in cerca di un taxi. Ero triste tra la gente che passava intorno.  Udii una musica, il volume aumentava progressivamente, di tono in tono. Ornella Vanoni-L'appuntamento. Suonava dal giradischi e Magda, nuda mi guardava dalla finestra. Piangeva. Non seppi resistere. Persi l'aereo, e da quel momento tutti gli aerei che avrei potuto prendere dopo. Londra da quel momento cessò di esistere sotto i piedi miei. Infine un raggio di sole, uno squarcio più lucente ci trafisse. Il nostro appuntamento. 

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