L'idea era semplice. Bastava essere in due. Una bella coppia ben vestita. Blazer e regimental per lui, outfit decisamente più modaiolo per lei, con qualche audace trasparenza. Il solito cliché del maschio benestante, che al villone al mare, alla macchina di prestigio, e al Rolex di ordinanza aggiunge come segno del suo successo personale una fidanzata molto ma molto più giovane e tanto tanto bella. Così con l'aria un po' annoiata di lui ed i capricci infantili di lei avrebbero ingannato chiunque.

L'ignara vittima del giorno era un orafo che con il negozio ereditato direttamente dal nonno occupava tre eleganti vetrine sotto l'esclusivo porticato di un opulento, tranquillo e riservato capoluogo di provincia padana in quel triangolo tra Emilia, Veneto e Lombardia dove tutto sembra essere perfetto. In meno di mezz'ora il pollo era bello cotto a puntino.

Il dottor Gaspare, come lo chiamavano tutti in città, proprio quel placido lunedì mattina era da solo dietro il bancone. L'adorabile e vulcanica Sara del Monte l'aveva avvertito che sarebbe stata in giro tutto il giorno, tra la questura per la denuncia e l'officina meccanica per la riparazione dei danneggiamenti che la sua auto aveva subito durante la notte a causa di qualche balordo che le aveva bucato i quattro pneumatici e rotto tutti i vetri e i fanali. Il fatto, ovviamente, non era una semplice coincidenza, ma opera di Ciro Esposito da Secondigliano, ufficialmente venditore ambulante alias Lorenzo Maria Gnutti, da Como, imprenditore nel commercio e nella trasformazione di metalli non ferrosi.

Tornando al nostro negozio… Al dottor Gaspare come all'omonimo nonno, la cui foto svettava sopra il bancone, le donne erano sempre morbosamente piaciute. E mentre il "Cummenda" si era lanciato a capofitto in una serie di telefonate concitate in stretto dialetto lariano, prima con la fabbrica e poi con i suoi venditori in giro per il mondo, l'intraprendente Gaspare sistemava cerimonioso il suo collier più prezioso sulla profonda scollatura limitata da un abito in pizzo nero, naturalmente indossato senza lingerie, che lasciava ben poco spazio all'immaginazione. Una frase banale pronunciata in modo ammiccante da quella dea precipitata direttamente dall'Olimpo lo mandò in confusione… In quel frangente Ciruzzo, per gli amici 'O Tedesco per via del colore chiaro degli occhi e i biondi capelli, gli strinse intorno al collo un sacchetto nero di plastica pieno di ovatta al cloroformio tirando il cappio in modo così deciso che per un attimo temette di averlo strozzato.

Legato l'orafo come un salame gli prese il Rolex, il portafoglio e ruppe il cellulare scagliandolo contro il ritratto del nonno. Intanto la figlia Mariarca, sua complice e splendida creatura dalla stupefacente bellezza frutto del suo DNA per metà siberiano e per metà napoletano, metteva alla porta il cartello "torno subito”. I due sapevano già cosa cercare e pure dove trovarlo. In appena tre minuti, come pianificato, furono fuori. Li aspettava a un paio di strade di distanza verso la periferia un'auto a noleggio con dentro Sara del Monte.

«Tutto bene?»

«Tutto a posto» risposero i due mentre mettevano le parrucche e le lenti a contatto indossate in un sacchetto.

Arrivati in prossimità dell'ingresso dell'autostrada si fermarono in una stradina dove c'era una vettura nascosta da una fitta boscaglia. Ciro diede fuoco al sacchetto dopo averlo innaffiato con il whisky di una fiaschetta che si portava sempre appresso. Non per berlo ma per avere del fuoco a disposizione e per sistemarla a sinistra proprio sul cuore per proteggersi in caso di una sparatoria.

Mariarca prese l'autostrada verso casa e Ciro e Sara, dopo pochi minuti di cammino sotto un albero trovarono parcheggiato il camper preso a noleggio dal "Tedesco”. Mentre lei si sfilava il reggiseno, Ciro si rifaceva gli occhi su quella montagna di gioielli e di orologi d'oro.

«Abbiamo poco tempo» disse lui abbracciandola. «Sei sicura?»

«Sii dai, Napoli!» disse lei.

«Ma è un mucchio di soldi!» obiettò lui.

«Ciro» gli disse provocante sfiorandogli le labbra col dito indice, «di te e di tua figlia mi fido, lo so che non mi tradireste mai. E ora baciami abbiamo poco tempo e devo tornare dal meccanico».

Un mese dopo, all'imbarco del volo diretto Roma/Tel-Aviv, la fila a causa dei controlli meticolosi avanza lentamente. Ciro dietro le transenne l'aspetta e le va incontro. Sull'aereo, Ciro e Sara siedono uno accanto all'altro. L' attesa sulla pista prima dell'ok della torre di controllo sembra interminabile. Finalmente l'aereo si stacca dal suolo.

La polizia all'aeroporto Ben Gurion li sottopone a una perquisizione accurata ma i loro documenti sono un formidabile schermo. Il Signore Aldo Santulli, cittadino dello Stato del Vaticano, e Sara Del Monte, nipote del noto rabbino di una comunità ebraica italiana, sono diretti ad Haifa in visita a dei suoi cugini che da qualche anno si erano trasferiti in un kibbutz in Israele. Il dottor Santulli, interrogato sui motivi del viaggio riferisce che oltre a fare visita al parentado della sua amica, che si era offerta di fargli da guida, aveva un preciso compito; come funzionario del Vaticano doveva incontrare membri della Chiesa Cattolica in terra Santa.

Il portone del convento si aprì e un frate francescano gli corse incontro abbracciandolo affettuosamente. «Ciro, comme stai? Che gioia! Però, mi devi dire subito che sta succedendo! In banca sul nostro conto sono arrivati un sacco di soldi ed io come economo del convento stavo per denunciare l'anomalia, per non ritrovarci in qualche guaio, poi mi hai spedito quella foto di noi due in Vespa. Me la ricordavo benissimo, la scattammo al tondo di Capodimonte»

«Però» lo interruppe Ciro, «in quella che ti ho inviato c'era…»

«Ho capito subito» disse sorridente il frate, «ho controllato meglio e… sapevi che avrei capito! Io che da piccolo ti battevo sempre quando giocavamo a chi si ricordava più numeri di targa… Hai ritoccato la targa della Vespa, ed è diventato lo stesso numero di quegli strani bonifici. Guagliò, ma mò sti solde, guardame int’all’uocchie, so spuorche ‘e sanghe?»

«No! Sta tranquillo, solo l’assicurazione sta chiagnenno. Sti solde usale comme sai fà tu!  Puorta ‘e mmedicine a chi n’ave bisogno… ‘o ssaie nun m’importa si so cristiane, musulmane, nire… capisce a mmè» lo convinse ‘O Tedesco portandosi la mano sul cuore.

Il frate soddisfatto della risposta si affrettò a rassicurarlo: «Mo vech’ì, Cirù, sta senza pensiere, tengo amice ca so capace ‘e purtà sullievo pure addò nun ce sta cchiù pietà».

Poi, con un sorriso, esclamò: «Chi caspita è stu Santulli?»

«Nun te preoccupà, ‘o frà, è nu strunze ca pigliato n’infarto cu na puttana a Castel Volturno. Mò sta in terapia intensiva, quasi muorto, int’o reparto addò fatica frateme Mimmo».

«Scusa» chiese il francescano a Ciro, «chi è sta femmena ca te sta aspettanno int’ ’o tassì?»

«Bella eh!» fece 'O Tedesco.

«Assumiglia ‘o ritratto da Maronna» rispose il frate.

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