Ogni volta che intraprendo un viaggio sentimentale, un omone sconosciuto si presenta, in divisa gallonata, chiedendomi, con cortesia, di mostrargli il titolo.
Io lo guardo con occhi sgranati, come uno studente avanti la commissione d'esame.
"Prego?"
"Il titolo di viaggio, me lo mostra?"
La mia espressione attonita permane.
"Il biglietto! Non vorrà mica viaggiare a sbafo. Se no dovrei sanzionarla!".
E dire che sono laureato in giurisprudenza e pure avvocato.
Infilo la mano destra all'interno della giacca e, non senza difficoltà, tra una costola e l'altra estraggo il titolo.
"A lei!" - dico porgendolo.
"Ah! Ma lo sa che non c'è quasi più spazio per obliterare, per attestare la regolarità del viaggio? Ma lei ogni volta che sale sul treno dell'amore dona il suo cuore? Anche per un brevissimo tratto...della durata di un amplesso?"
"Certamente! Sono un passeggero onesto, anche se...mi scusi il gioco di parole...di passaggio".
"Lo sa, vero, che non sono previsti rimborsi, né sono ammessi reclami. Il titolo è unico, non cedibile né duplicabile".
"La ringrazio per la premura, ma non amo viaggiare a sbafo. Pagherò il debito, ma non salderò il mio cuore. I buchi saranno ricordi anche dolorosi, ma in quei buchi ci sono io, il mio viaggio. Se mancherà spazio colmerò alcuni buchi non più così rilevanti trasponendoli per iscritto. Poi li eliminerò. Perdoni, nuovamente, il gioco di parole. Farò il bucato".
Sorridendo mi dice con espressione divertita: "Buon proseguimento, signore. Lei è strano, sa? Conservi il suo cuore perché pochi lo usano come lei. Elimini l'inutile. Perdoni il gioco di parole, ma questo è "Train" e non "Chain" of Love. La catena impedisce il movimento. Al prossimo viaggio!".
"Grazie. Buona giornata!".
Ripongo il cuore tra le costole, consapevole della veridicità delle parole dell'omone.
Accendo la memoria, le scrivo una lettera e, dopo averla letta, la elimino. Un buco aperto anni prima, si richiude. 

Una maglia salta. 

Lo spazio aumenta. 

Il treno parte.

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