Cercatene un’altra, scrive in chat perché siamo in vacanza e in due luoghi diversi ci sentiamo così. 

 

Come al mercato, nella mia testa dico. 

E mi torna la voglia di bere un bel sorso sornione, strafottente all’esistere. 

Ma ho due mani e la bottiglia è al piano di sopra. 

 

Quella seria intendo, dai 40 in su. Le migliori. Come le femmine. Dai 40 in su. Già decantate, corpose, da gustare con calma, perigliose ad insistere, a nostro rischio e pericolo. 

 

Tra femmina e bottiglia, over 40, l’unica differenza è nel fissare una nuance di perfezione. La bottiglia deve tendere alla compiutezza, la femmina, al contrario, è preferibile sia posta in soglia d’imperfezione.

 

Continuo a sberciare i tasti, perplesso nel pensare e con lo sguardo ammiccante al ripiano legnoso dove sosta imprecisa una bottiglia di liquorino fatto in casa al mandarino cinese, decantato nel vino buono, col bicchierino accanto, buon cicisbeo.

 

Se non ci fossero le pause, le sospensioni, l’esistenza sarebbe un ammasso di frasi disgiunte, di fatti buoni a nulla. 

 

La pausa ci fu e ne approfittai per zompare con le mani sul vetro a colmare fino all’orlo il bicchierino non più trasparente, che scolai d’un fiato.

 

Saluti e baci. Click. Ed hic hic. Oplà. Off line. Olà.

 

Mi viene voglia di corno, e metto in cuffia il k 412 che fa contorno lusingatore del baloccare a tratti e in chiosa la mia memoria.

 

Dopo il terzo bicchierino cornuto, l’apice d’estasi è alle porte, ma non bussa ancora, timida, indecisa, titubante. 

 

Al mercato dunque, si vada al mercato. A vendere, ad offrire.

Ed al mercato vado, bighellonando in ricordi.

 

E mi consigli, dopo mesi di storia varia e imprecisa, a pelle sparsa e tocchi nel reale, un nuovo screening di femmina, in altri luoghi. 

 

Trapezi e corde, e tintinnii schizzati di molle e materassi, per poi spostarsi altrove, a mungere o a brucare?

 

Vedi cara, se vuoi tornare nel tuo steccato duttile di sposo e suoceri, tornaci pure, ma non mischiare le nostre bancarelle.

 

La coscia lunga, il piccolo seno a coppa, lo sguardo dolce di bosco, succulento, la bocca docile a foglia, le mani lievi, i fatti indiscutibili, mostrali sul tuo palchetto nuovo di zecca.

 

Nel tavolato mio con molti buchi appoggio libertà a josa, senza criterio e senza contraccambio, kaos ironico e logos ciarliero, cianfrusaglie d’anima, schegge d’ideologia, frammenti d’eros, scaglie d’immaginario e qualche volta versi decenti o buone frasi.

 

Ho smesso di cercare, perciò non trovo. Vengo trovato per caso, dall’esistere. E se non capita, me ne strafotto. 

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