L'omino di cioccolata persuaso da Mogol prese lo zaino delle aspettative e si incamminò verso la collina, la certezza di un contegno irreprensibile e quel tanto di mestizia che porta ad incamminarsi. Camminare respirare camminare respirare fino alla cima, ad attenderlo seduto su un sasso il pleonasmo.
"Mettiti seduto qui accanto guarda e ascolta." gli disse.
" Ho visto quando ti ha morso la preterizione, so dei tuoi dubbi nel rimanere nella grande e accogliente famiglia chimica, so della partenogenesi dell’ellissi  e la paura delle notti passate con le voci in sermocinatio. Ero con te mi hai portato nello zaino concluse il pleonasmo."
Poco dopo aggiunse: "Adesso guarda dietro la collina c'è solo un' altra collina, solo che ora puoi lasciarmi qui. Scendi prima che spunti il sole, sei solo un omino di cioccolata."
Lo zaino non è gonfio ed è discesa, in più un tempo in levare batte il tempo, camminare respirare e soprattutto contare; la compagnia di uno zeugma e una consapevolezza rinnovata verso una nuova origine.
Due storie diverse accomunate solo dallo sguardo scambiato, lo stesso, tra l' omino di cioccolata e l' audace capitano di facezie.
Privo di nuclei di conoscenza induttiva, con sprezzo del divenire, come se fosse il demiurgo, neghittoso plasma e giudica, e si erige a verità assoluta.
L audace capitano di facezia tornando a casa dovrà piuttosto fronteggiare lo scherno di un affronto indigeribile, le lenzuola calde dall’ attrito e un compromettente colore marrone fatidico.
Senza ritmo guardare in faccia il dileggio è cosa dura, respirare non basta, bisogna contare anche se sei un omone.
Insignito e l' indice proteso con protervia, l' alterigia di un cuore a forma di portafoglio e i muscoli di pelle di pitone non bastano per controbilanciare la consapevolezza di uno zaino non sgombrato dalle amenità quando era il tempo.

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