Ne parlai a mia madre solo un paio di settimane dopo, quando ormai l’estate era una signora nel pieno degli anni che iniziava a mostrare le prime rughe.
«Non devi avvicinarti alla stamberga di quel vecchio maiale, Lew. Anzi, non devi neppure andare a nuotare nel Kenduskeag, capito?» m’ingiunse come se avesse sentito solo una minima parte di quanto avevo raccontato. Avevo dodici anni, e chi dava retta alle fandonie di un dodicenne? Forse oggi non è più cosi – o almeno mi piace sperarlo – ma allora, nel paese di Lonefrost, contea di Castle Rock, Maine, le cose andavano diversamente. E non solo lì, suppongo.
Non mi stupii, in ogni caso. Sapevo che nessuno avrebbe mai eletto Serena Willoughby, mia madre, presidentessa dell’Irving Crane Fan Club, se mai ce ne fosse stato uno.
Non era colpa di Irving, anche se eravamo parenti alla lontana (penso che fosse una specie di cugino di secondo grado) e questo, a Lonefrost, era una ragione sufficiente per spiegare molte faide.
Era colpa di Barbara Forrest, poi Barbara Crane e poi Barbara Diosolosacosa o, come la chiamava mia madre, quella strega.
Ora che ci penso la chiamava sempre così, “quella strega”, come se chiamarla semplicemente “la strega” potesse implicare un’eccessiva vicinanza.
Mi dicevo che ero ancora troppo piccolo per comprendere la ragione d’un simile astio e una parte di me desiderava rimanere per sempre così.
Era quella parte di me che, ogni volta che mi guardavo allo specchio, mi mostrava i miei capelli neri, lucidi come l’ala di un corvo, e i miei occhi azzurri come le schegge di ghiaccio che si formavano nel Kenduskeag a novembre.
Erano il marchio di molti ragazzi e ragazze, giù, a Lonefrost, quegli stessi intorno ai quali si mormorava e ridacchiava, salvo smettere subito quando erano nelle vicinanze.
Ero grande abbastanza da indovinare che quel segno dimostrava che i loro padri avevano fatto certe cose con Barbara Crane, ma, naturalmente, il mio pa’, che era partito per la guerra e non era più tornato, non aveva fatto niente. No, non il mio pa’ che, poco prima di andarsene, aveva lasciato a sua moglie Serena, che ormai disperava di averne, il figlio che era l’unica consolazione della sua vita. Non lui.
E poi Barbara Crane non aveva l’esclusiva dei capelli neri e degli occhi azzurri.
Mia madre ce l’aveva con lei perché non era una donna perbene, perché poteva essere un cattivo esempio per la comunità e perché poteva portare i giovani sulla cattiva strada, tutto qui.
Ce l’aveva anche con Irving Crane, è vero, ma solo perché lui aveva ereditato il grasso e fertile terreno dei Willoughby, mentre lei, Serena, si rovinava gli occhi alla Northern Maine Bank… e tutto solo perché, a Lonefrost, si pensava che ereditare la terra fosse roba da uomini.
In ogni caso non le avrei detto niente di quell’altra faccenda.
Avevo letto abbastanza Sherlock Holmes per sapere che, quando hai scartato tutte le ipotesi possibili, quella che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità, ma avevo vissuto abbastanza per sapere che ci vuole una bella dose di presunzione per sapere che cosa è possibile e che cosa no… e che gli adulti sono presuntuosi.
Il fatto che non avrei raccontato a mia madre era accaduto una settimana prima, quando noi ragazzi (Connie non si era più fatta vedere e questo – avevo scoperto con dolorosa consapevolezza – rendeva di colpo i nostri bagni nel Kenduskeag molto meno interessanti) ci eravamo messi a giocare all’ombra della grande quercia.
Irving era uscito vestito, al suo solito, con un cappello di paglia e un paio di pantaloni bucherellati come se fossero stati usati per il tiro al bersaglio, reggendo una tanica piuttosto pesante.
Aveva aggirato il mucchio di rottami senza degnarlo di uno sguardo e aveva puntato dritto verso lo steccato dove cresceva il cespuglio di girasoli.
Dovete capire che, all’epoca, nessuno si sognava di parlare con le piante o altre fesserie new age; se mai lo avesse fatto, avrebbe detto qualcosa come “avanti ragazze, vediamo di darci dentro e produrre di più”, perciò rimanemmo letteralmente di stucco quando Irving si mise a parlare fitto fitto coi girasoli.
Non potevamo sentire che cosa dicesse, ma era chiaro che non erano inviti a produrre olio di semi. E neppure paroline dolci, se è per questo.
Ricordavano certi bisbigli irosi che salivano dalla cucina mentre io ero a letto (o meglio, avrei dovuto esserlo) e mamma discuteva con qualcuno che la pregava di non pignorarle la casa o la terra.
Dialoghi tutti simili, come registrati. Mi dia un po’ di respiro, signora Willoughby, non proceda col pignoramento– diceva l’altra voce– Non è possibile, spiacente –diceva la voce di mia madre.
Ad ogni modo Irving continuò a parlare con quei dannati fiori mentre un brivido che non era solo di freddo ci congelava il sudore sulla schiena.
Un soffio di vento s’insinuò tra i rottami cigolanti e gli steli ondeggianti e tutti noi – e, credetemi, anche voi avreste avuto la stessa sensazione se foste stati là e aveste avuto dodici anni – avemmo la certezza che qualcosa aveva risposto.
Allora Irving sollevò la tanica (e tutti noi vedemmo il teschio che sogghignava sull’etichetta come un beffardo Jolly Roger) e rovesciò cinque litri di diserbante alla base degli steli.
Udimmo il liquido gorgogliare giulivo nel placido mattino d’estate, poi, quando anche l’ultima goccia fu assorbita nel terreno, Irving si allontanò col passo rigido di chi non osa voltarsi.
La settimana successiva i girabuio crebbero più rigogliosi che mai.

Tutti i racconti

0
0
8

Debunker (1/4)

07 December 2025

Babbo Natale era intirizzito e di malumore. O meglio, lo era il Cogliati, in piedi, vestito da Babbo Natale, all’angolo tra Piazza Grande e Via Vittorio Emanuele II. Per fortuna, però, non si vedeva. La barba finta nascondeva tutto. Peccato prudesse come se dentro ci fosse una nidiata di pulci. [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

0
0
6

Il condominio 1/3

07 December 2025

Il rito dell’inquilino del piano di sopra era sempre lo stesso: lo sciacquone del bagno a scandire il tempo, le pantofole trascinate sul pavimento. Ogni sera, alle ventitré precise, quel suono monotono rassicurava Vittorio: il mondo là fuori era caotico, ma sopra di lui qualcuno seguiva ancora [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

2
3
16

C'era una volta Jorn, la sua casa, i suoi amici, la favola continua...

E adesso una casa museo per continuare a sognare

06 December 2025

Amici lettori, oggi vi porterò in un luogo speciale, un luogo posto in alto su una collina dalla quale si vede il mare, un luogo affascinante con una storia, anzi con più storie, un luogo da favola e come una vera favola questo racconto breve lo inizierò così. C'era una volta un artista nordico, [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

  • Maria Merlo: Il tuo racconto mi ha talmente incuriosito che ho subito cercato informazioni [...]

  • GiuliaCango: Bellissima ricostruzione della vita di questo artista danese che non conoscevo [...]

6
10
25

La vera ricchezza

Il ricordo e la saggezza di mia madre.

06 December 2025

Mia madre si chiamava Anna. Era una donna di grande saggezza e ha sempre avuto un approccio specifico nei confronti del denaro. Per lei non era altro che uno strumento, un mezzo per raggiungere il benessere e mai un traguardo. Da lei sempre presente ho appreso tante cose, anche il significato [...]

Tempo di lettura: 8 minuti

4
7
35

Il gilet giallo

05 December 2025

È passato tanto tempo e adesso ho la tua età di quando ci siamo visti l’ultima volta. Di quando ci siamo salutati in cima alla salita, quella che odiavi ma che affrontavi ogni volta come una sfida personale alla gravità — e forse anche alla vecchiaia. Me lo ricordo ancora: portavi un gilet giallo [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

  • Dax: bello ma....si parla del padre ondel nonno del protagonista?Like

  • An Old Luca: Come scrive giustamente Paolo: impeccabile.
    Coinvolgente, scorrevole e [...]

5
9
59

Piccoli miracoli di Natale

05 December 2025

È la sera dell’antivigilia. Fuori fa un freddo assurdo, mentre nel terminal sembra di stare in una sauna. La ressa di chi parte per le vacanze o torna a casa dalla famiglia rende l’ambiente non solo estremamente rumoroso, ma anche soffocante. C’è tutto ciò che non desidero dopo una giornata di [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

  • Walter Fest: Smoki, per "Lampo" intendesi, "guizzo, fulmine, saetta....insomma [...]

  • La Gigia: Ciao Smoki, complimenti per il racconto. Mi sono piaciuti i personaggi con [...]

2
8
38

Nulla Dies Sine Linea

04 December 2025

L’appuntamento era stato fissato per le due di quel pomeriggio. Naturalmente la mia ansia era cresciuta di ora in ora, proporzionalmente al bisogno di confrontarmi con lui. Arrivai al Café de Flore in larghissimo anticipo e, per provare ad ingannare l'attesa, mi accomodai ad uno dei tavolini [...]

Tempo di lettura: 3 minuti

3
9
25

Volevo essere William Shatner 2/2

04 December 2025

A poco a poco, la leggerezza si spense. Gli amici cominciarono a evitarmi, stanchi di quel modo di fare che ormai appariva rigido e innaturale. Io non me ne accorgevo, o forse sì, ma non sapevo più come tornare indietro. Era come se quel ruolo mi fosse rimasto addosso, un’abitudine del corpo e [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

  • Maria Merlo: Una cosa del genere, sì. Ma chissà quante altre strade ci sono. [...]

  • thecarnival: Grazie comunque mi fa piacere e moltissimo vi ispiri delle idee vuol dire che [...]

4
6
37

In una parola, rassegnati.

03 December 2025

In una parola, rassegnati. Da quando sei cresciuta, il tuo carattere non cambierà, nessuno può realmente cambiare e se non ci credi, non prendertela con me ma con i numeri. La statistica ci insegna che nessuno cambia, sai? E gli strizzacervelli sono i primi a saperlo: lo sai che per ottenere una [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

  • Maria Merlo: Stile deciso e buona gestione del tema scelto. Bravo.

  • ducapaso: Elena, Paolo, Spettatrice, Dax, Maria, grazie a tutti voi, ho apprezzato ognuno [...]

3
6
22

Volevo essere William Shatner 1/2

03 December 2025

Ricordo ancora quando accadde la prima volta, e come quel personaggio, o meglio, tutta quella mentalità, entrò nella mia vita. Era un pomeriggio come tanti altri e non avevo voglia di fare i compiti. Fuori il cielo era grigio; non avevo voglia di uscire e accesi la TV. Erano le 18, evidentemente, [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

  • Rubrus: Qualche annetto fa anche io scrissi un racconto simile, ma più cupo. [...]

  • thecarnival: grazie del commento Rubrus;))) se trovi quel racconto sarei molto curioso;) [...]

6
9
39

Di stagista in stagista

Giu
02 December 2025

Giorno uno della mia presenza in azienda. Mi sistemarono in un angolo molto luminoso, proprio vicinissimo alla finestra per permettermi di avere la giusta luce quotidiana di cui avevo bisogno. Devo ammettere che mi piaceva molto la postazione che avevano scelto per me, avevo sentito dire che decisero [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

  • Rubrus: Secondo racconto che ha per oggetto un pianta. Tenero e gradevole, riesce a [...]

  • Davide Cibic: E’ ufficiale, le piante vivono! Spesso si dice che per il buon andamento [...]

3
12
30

La Clorofilladinia

02 December 2025

“Vedrai,” mi hanno detto gli amici, “prima o poi incontrerai una Clorofilladinia. A chi va ad abitare vicino al Secchia può capitare.” Ed eccola qui. Sale da me, entra in questa stanza passando dalla finestra. Non l’ho sentita sulle scale, e così oggi la conosco per la prima volta. L’ho vista attraversare [...]

Tempo di lettura: 3 minuti

  • Elena D.: Bel racconto, intenso e che incuriosisce molto parola dopo parola !

  • GiuliaCango: Grazie ancora

Torna su