Sto guidando l’auto che si dirige verso il cimitero. Sul sedile posteriore giace sdraiato esamine il mio corpo.
Giunto al campo santo, mi cambio indossando gli abiti del mio io defunto.
Piove forte quando esco dal cimitero, non ho l’ombrello e devo rovistare nella macchina per cercarne uno. Ed è allora che mi accorgo che il mio io morto indossa ancora la giacca di velluto. A fatica riesco a sfilarla da quel mio secondo corpo bianco e freddo. Forse è così freddo perchè nudo, penso!
Sono in ritardo per l’appuntamento, meglio se uso la macchina, ma non posso mica portarmi dietro il corpo del morto. Non sta bene andare ad un incontro di lavoro con il proprio cadavere sul sedile posteriore dell’auto. Guardo il becchino con sguardo supplichevole, aiutami dicono i miei occhi, aiutami per favore. Con un sorriso imbarazzato mi indica il tumulo scavato di fresco nella terra. Oggi è morto un gigante, mi dice il beccamorto, ma solo domani ci sarà il funerale, sino ad allora possiamo fare riposare qui quel corpo.
Adagiata la salma, lei nuda e io vestito di tutto punto, mi ritrovo sull’auto. Una veloce e potente BNW, a propulsione nucleare, nuova di zecca. Sono seduto dietro, al mio fianco siede l’ombra di un uomo, il sedile davanti a destra del guidatore è occupato da una grossa macchia nera. Nessuno parla, neppure il silenzio si fa sentire. Il guidatore non ha forma, non ha le mani, non ha occhi… è la meta che sta conducendo l’auto verso il destino. Penso al mio appuntamento, penso che sono in ritardo, penso che non voglio perdere questa occasione di lavoro, penso, penso, penso. L’abitacolo dell’auto è stracolma di pensieri. L’asfalto è viscido, piove sempre molto forte, le curve sono liquide e la velocità è solida… l’auto scivola, sbanda e esce di strada. No, penso, non posso morire due volte nello stesso giorno, che sfiga.
L’impatto è violento il mio corpo si piega in avanti, i vestiti scivolano via e rimango nudo, nudo come l’altro.
Mi ritrovo sdraiato nel sedile posteriore dell’auto, sento tanto freddo, il sangue non scorre più, i pensieri diventano nuvole in un cielo luminoso, riconosco il guidatore… sono io. La strada è la stessa di prima, anche il cimitero è uguale.
Affondo nella grossa buca con le pareti scoscese, mentre vengo inghiottito dalla terra, guardo gli occhi umidi di indifferenza del beccamorto.
Sono girato sul dorso e scivolo in quella oscura profondità quando mi accorgo del mio corpo che già giaceva freddo nella fossa, lo abbraccio forte ed insieme partiamo per un viaggio memorabile.

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