Quel Natale sapevamo sarebbe arrivato anche un particolare ospite. Infatti, oltre a una lontana cugina dalle tendenza alternative, c'era anche Teau, il cosiddetto artista. Lui stesso ci teneva molto a farsi chiamare sempre e solo Teau.

Costui, un omino basso e piuttosto panciuto dall'aria severa e dalla mentalità malleabile quanto un sasso di tufo, era passato per fare gli auguri e per consegnare, a suo dire, 'alcuni regali materiali e uno intangibile ma unico'. Né io né i miei cugini sapevamo ovviamente cosa diavolo volesse dire, ma anche i nostri parenti non è che avessero capito granché

Qui però occorre fare una precisazione riguardo il buon Teau. Quel curioso nomignolo (diminutivo stilizzato del suo nome, Tonino), unito alla nomea che aveva, gli derivava da una ben precisa storia: infatti qualche tempo prima, arrivato alla veneranda età di 57 anni (o 57 mila lire, come amava dire lui), era rimasto segnato dal parere che sua moglie aveva dato di lui, ovvero 'brontolone e spaccapalle'; così per ripicca aveva fondato un quartetto vocale a cappella di gente più vecchia di lui e con questo aveva avviato una carriera invidiabile.

A suo dire, ovviamente.

Con questi tre panciuti vocalist Teau faceva musica doo wop, più o meno. Infatti quel particolare tipo di musica si fa imitando spesso suoni e nonsense ritmici con la voce e occorre essere bravi, cosa che loro erano solo nelle intenzioni. Il risultato, per dirla in maniera realistica, era una sequela di borborigmi, sputazzi e versacci da pollaio da fare invidia a un allevamento di animali ruspanti. Essendo Teau il leader, i quattro provavano a casa sua ogni mercoledì sera e prima di ogni serata, rigorosamente in posti stile centri anziani e sagre, si trovavano sempre da lui.

In una di queste occasioni la moglie di Teau, interpellata dalla consorte di uno degli altri membri, ebbe a dire: “No no, ma io sono felice, contenta, lui si trova così bene... però a volte quando prova mi sembra di avere in casa dei tacchinacci...”

Lui colse la frase e, da consumato uomo di spettacolo qual era, decise che quello sarebbe stato il nome definitivo del quartetto, ovvero “Teau e i suoi Tacchinaccios”: da allora macinarono successi su successi nei centri anziani grazie alle loro hit tipo Pippo, Vu cumprà e il loro cavallo di battaglia, Troppa Trippa.

Bene, questa fu la veste con la quale si presentò a casa dei miei zii quel Natale. I nostri parenti immaginarono che avrebbe voluto regalare una perla al suo pubblico di amici e in effetti non si sbagliarono: impettito e orgoglioso, Teau fece un'esibizione magistrale di tecnica vocale libera, o almeno questo doveva essere nelle sue intenzioni. Da quello che vidi io, gurgugliò stile tacchino spernacchiando per cinque minuti buoni nel silenzio generale, tra l'imbarazzato e le risate soffocate per non offenderlo. Mia cugina, seduta per terra proprio di fronte a lui, dovette nascondere la faccia più volte nei calzoni di mio zio, il quale fece finta di nulla per evitare che Teau se ne accorgesse.

Quando se ne andò, fu servita la cena. Un'ottima cena devo dire, avevamo grandi cuoche del resto. Credo però che fu per colpa dell'esibizione di Teau se molti dei miei parenti rischiarono di mandare per traverso il vino cercando di contenere le risate.

In seguito venni a sapere che il buon Teau sciolse il gruppo all'inizio dell'anno dopo per proseguire come rapper solista a look alternativo: magliettona col numero 57, pantaloni di velluto con cavallo a metà coscia, mocassini della misura sbagliata, occhiali bifocali scuri e capelli tinti di verde. Ah, e anche un nuovo nome: T-Meno.

Un talento naturale, a sentir lui. Giudizio non pervenuto, a sentir gli altri.

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