“Il mio desiderio più grande è vedere un topo che mangia vivo un gatto. Prima, però, dovrebbe anche giocarci abbastanza a lungo.”

Da “Il gatto e il topo”, Elias Canetti, 1973

 

 

Non avrei mai immaginato che la mia vita potesse cambiare così in fretta. 

Fino a pochi mesi fa vivevo in un piccolo appartamento a Roma Nord, tra pile di carte e sogni rimandati a chissà quando. Lavoravo come segretaria in uno studio di avvocati, con uno stipendio così magro da bastare appena a mantenere mia madre, anziana e non più autosufficiente. La mia era una vita ordinaria, segnata dal ticchettio delle macchine da scrivere che riempivano lo studio di un battito continuo ma senza cuore.

Poi arrivò lui, Marco Bernardi, l’imprenditore di cui tutti parlavano. Un elegante uomo sempre in giacca e cravatta, capelli neri pettinati all’indietro e sguardo penetrante. Mi conquistarono subito il suo modo di fare, gli occhi blu e la cortesia. La sua ditta era tra le più grandi di Roma e lui sapeva illuminare una giornata uggioso con un sorriso gentile. 

Mi aveva scelta e pensai che fosse amore. Il mio Amore.

Prima c’era stato Luca con cui avevo avuto una breve storia, ma non ne ero davvero innamorata. Quando incontrai Marco a un pranzo per i clienti, fu amore a prima vista. 

La nostra storia fu un vortice: cene eleganti nei ristoranti più chic della città, regali raffinati, giri in carrozza… Cose che mi lasciarono senza parole.

“Con te voglio tutto”, mi ripeteva. 

Dopo appena tre mesi di frequentazione mi chiese di sposarlo. Dissi sì senza pensarci, convinta di aver trovato finalmente il mio posto nel mondo, un posto accanto a lui.

Dopo un matrimonio sfarzoso ci trasferimmo a Fregene, in una villa in un complesso lussuoso circondato da un parco e a pochi passi dal mare. Marco diceva che sarebbe stato il nostro rifugio, lontano dal caos della città e io ci credevo. Ogni mattina mi svegliavo ascoltando il canto degli uccelli. 

Ero felice.

Nonostante ciò, iniziarono a tornarmi in mente ricordi di Luca. Non ci sentivamo da anni, eppure riaffioravano: la sua risata, un pomeriggio al mare o il modo in cui mi capiva senza che parlassi. All’inizio pensai fosse solo nostalgia o forse era la distanza che Marco, a causa del lavoro, stava creando tra noi. Più lui si allontanava però, più Luca tornava, prima come un’ombra, poi come una presenza quasi tangibile.

Poi arrivarono i sogni, nitidi e inquietanti. Nel più vivido ero in cucina: la luce dei lampioni filtrava dalle grandi vetrate, creando lunghe ombre. Marco era di spalle e, come apparso dal nulla, c’era anche Luca. Mi fissava con un’espressione che non gli avevo mai visto. Gesticolava e si avvicinava a Marco. Non vedevo tutto, come se qualcosa mi impedisse di guardare chiaramente. Dopo si voltava verso me, sembrava volermi mettermi in guardia ma non riuscivo a capire da chi o da cosa.

A un tratto prese dal camino l’attizzatoio e colpì Marco sulla testa. 

Poi con un sorriso mi disse:

“Ecco, ora hai capito quello che devi fare?”

In quel momento urlai e mi svegliai tremante e sudata.

Da quella notte, non riuscii più a guardare Marco senza provare un nodo allo stomaco. Lui era cambiato: mi controllava, mi seguiva con lo sguardo, aveva perfino cambiato le serrature senza dirmelo. Ogni mia mossa era sotto osservazione.

Ieri l’ho sorpreso mentre chiudeva in fretta un cassetto della cucina. Quando mi ha vista si è irrigidito, come se avessi notato qualcosa che non dovevo vedere.
“Tranquilla, amore. Presto sarà tutto sistemato”. Ma la sua voce non era affatto rassicurante.

Stanotte sembra più scura del solito, le ville vicine hanno tutte le luci spente. Marco non è ancora tornato e non mi ha detto dove è andato. Cammino in queste stanze enormi sentendo solo i miei passi e il suono delle piante scosse dal vento.

Continuo a pensare a Luca, a quel sogno così reale, a quella scena che non riesco a dimenticare. Perché era lui a uccidere mio marito? Perché rientrare nella mia vita in questo modo e proprio adesso?

Forse è solo paura o forse è un messaggio che non riesco a decifrare. So solo che questo posto non mi sembra più casa mia e non so se domani avrò ancora la forza di restarci. 

Le cose sono peggiorate rapidamente. Le assenze di Marco sono sempre più lunghe e misteriose e quando rientra il suo sguardo è inquietante. 

Ho iniziato a notare dettagli strani: telefonate che si interrompono non appena arrivo, uomini che entrano ed escono dal suo studio senza farsi vedere da me… Ormai è una certezza: Marco mi nasconde qualcosa di grosso e pericoloso.

Una sera, mentre chiudevo le tende nel salone, ho sentito un rumore provenire dal piano interrato. Mi sono avvicinata alla porta per scenderci ma era chiusa a chiave. Per un attimo ho avuto la sensazione che lì dentro ci fosse qualcosa di terribile, qualcosa che non avrei mai dovuto scoprire. 

“Non c’è nulla per te là sotto.” 

È  tutto quello che mi ha detto a riguardo.

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