Le ho ritrovate. Dopo otto anni di ricerche dominate dalla rabbia, dal gridarmi in solitudine la mia insipienza. Sono stato spietato con me stesso. Non potevo perdonarmi di aver distrutto un pezzo della mia vita per il quale avevo lottato, coinvolto istituzioni, e che aveva una forza non misurabile nella congruità della mia vita.
Quasi quotidianamente mi domandavo: perché? Come ho fatto? Cos’è successo in me per arrivare ad una trascuratezza così efferata? Non ci sono complicità, colpe imputabili ad altri. Periodicamente frugavo tra vecchi documenti anche non miei sommando disordine a furore. Non potevo parlarne:sorrisi di compatimento avrebbero reso la giusta condanna morale inesorabile.
A pena si sommava beffa che la solitudine dilatava. La ricerca era diventata una liturgia noiosa e vuota. Trovavo delle scuse assurde per frugare là dove ero già passato troppe volte lasciando tracce. Non ce la facevo a mettere ordine. Mi sentivo in colpa e non riuscivo ad essere concentrato. Abbiamo traslocato da Bresso nel febbraio del 2006 e i primi tempi pensavo che qualcosa era andato perso. Da un inventario accurato, nulla mancava.
Per un anno mi disperai poi entrai nella palude dell’indeterminato. Ho cercato di ricostruire tempi, ho rifatto mentalmente i percorsi, ho tolto dalla macchina la ruota di scorta per non dire a me stesso che avevo trascurato una probabilità. Non ho pianto perché ritenevo la mia colpa non degna di pietismo.
Ho dovuto arrendermi. Ho messo una parvenza d’ordine dove era necessario.
Per caso, preparando la documentazione per la dichiarazione dei redditi, ho trovato una cartella con vecchie foto, vecchie pagelle che mi ero ripromesso di distruggere. Erano lì le uniche due foto di mio padre. Mi erano state regalate da Francoise, conosciuta nel luglio del 2001, ultima nata dal suo matrimonio dopo la guerra.
Mi son lasciato andare e ho brindato: ne avevo diritto e forse ho onorato così la sua prematura scomparsa, a cinquant’anni per un incidente sul lavoro.
Adesso sono in una cartelletta rossa ben visibile e a portata di mano. Quasi tutti i giorni la apro. Insieme alle sue foto c’è quella della tomba del cimitero dove riposa con Yves il maggiore dei suoi figli.
Voglio dare valore alla mia personale sofferenza. Metterò una sua foto con una di mia madre ed una di mia figlia in una cornice adeguata. Sono l’essenza della mia vita, il senso del tempo che mi rimane e la cifra del mio vissuto. Sceglierò con cura le foto da abbinare e troverò un laboratorio che sappia lavorare al meglio per creare l’icona che immagino.
La posizionerò in un angolo discreto di casa. Non deve stupire chiunque entri. Deve parlarmi a bassa voce quando la cerco.
 

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