Dai, su, dopotutto non era grave…

Non così grave, almeno, da piangere chiudendosi in bagno, no?

Dopotutto, solo la sua classe lo aveva sentito, e pochi altri…

Lei aveva anche detto alle sue amiche che soffriva di disturbi intestinali, avrebbero dovuto aspettarselo…

E poi cosa c’era di strano? Lo facevano tutti…

I ragazzi facevano a gara a chi le emetteva più forti, e nessuno si era mai scandalizzato…

Quando lo facevano loro, ridevano tutti, ma applaudivano…

No, non c’era proprio via di scampo.

Qualunque cosa dicesse a se stessa, Viola non riusciva a togliere dalla sua mente quel suono imbarazzante.

Poi, il silenzio. Il silenzio assordante che lo aveva seguito. I due secondi più lunghi della sua vita, in cui aveva visto tutti gli sguardi dei suoi compagni di classe farsi prima interrogativi e poi voltarsi lentamente verso di lei.

Infine, scoppiate tutte insieme come una bomba, le risate.

Tutti avevano riso. Tutti, in coro.

Persino la sua migliore amica, persino il suo compagno di banco … persino l’insegnante, la gentile prof di italiano che a lei tanto stava simpatica, non aveva potuto fare a meno di sorridere, coprendosi la bocca con la mano.

E lo avrebbe fatto anche lei, se ci fossero stati solo i suoi amici; e già stava incominciando, prendendosi in giro da sola com’era solita fare … peccato che, voltandosi un attimo, si era accorta che Matteo la stava fissando, un ghigno sul volto, a braccetto con un’oca giuliva che stava cercando di soffiarglielo.

In men che non si dica, tutto il suo gruppo lo avrebbe scoperto.

Senza avvisare la prof, senza quasi accorgersene, aveva incominciato a piangere ed era scappata in bagno.

Marco le piaceva da ormai tre mesi, ed era riuscita, in quel lasso di tempo, a entrare abbastanza in confidenza con lui: chiacchieravano quasi tutti i giorni, in chat o dal vivo, e si vedevano due volte alla settimana a tennis; lei aveva scoperto, con grande piacere, che i loro gusti in fatto di film erano molto simili, e lo aveva invitato a casa sua più di una volta, per una maratona di saghe che entrambi adoravano. Tutto stava andando a gonfie vele. Lui era carino, simpatico, divertente e disponibile, anche se a volte fin troppo chiacchierone e distratto, e Viola… beh, lei era innamorata. O qualunque cosa di simile all’amore che si potesse provare a dodici anni. Credeva di star facendo tutto come si doveva, ed era da ormai due settimane che aveva deciso che il momento giusto per dichiararsi non era lontano. Doveva solo aspettarlo, o crearselo da sé; e intanto rimuginava, immaginandosi tutte le possibili situazioni e i modi in cui avrebbe potuto dirglielo e ogni risposta di lui. Non voleva sbagliare: doveva essere tutto perfetto. Il suo primo ragazzo doveva essere Matteo, e lei non avrebbe dovuto perderlo per uno stupido errore.

Eppure, era bastato che lui fosse nel posto sbagliato al momento sbagliato ed era andato tutto a farsi friggere.

Ogni cosa che aveva pazientemente costruito in quei tre mesi era stata distrutta.

Allora avevano ragione le altre? Aveva ragione Melania, che si faceva toccare e aveva la fila di ragazzi dietro? Aveva ragione Stefania, che andava a dire in giro di non essere più vergine per sembrare più grande? Avevano ragione quelle sue coetanee di cui si sentiva parlare in televisione, che erano già incinte?

In quel momento, appoggiata al lavandino, mentre cercava in tutti i modi di cancellarsi le lacrime dal volto, Viola si detestava.

Era tutta colpa sua, del suo corpo, se era diventata lo zimbello della classe: del suo intestino, delle sue ghiandole lacrimali, della sua sensibilità, della sua incapacità di controllarsi. O forse era stato il pianto il vero responsabile: se non lo avesse fatto, se fosse stata capace di ridere e di andare avanti a testa alta, non sarebbe successo niente.

D’altra parte, chi è che non avrebbe pianto, al posto suo?

Che cosa avrebbe potuto fare, se non piangere?

Le lacrime sono un po’ come le puzzette, le venne in mente all’improvviso.

Entrambe vanno buttate fuori, prima o poi: se non lo facciamo al momento opportuno, rimangono stagnanti lì dove non devono stare e poi, alla fine, escono di nuovo. Solo che non sappiamo quando né come, e quindi rischiamo di fare delle terribili figuracce.

Inoltre, bisogna fare molta attenzione a lasciarle libere: in generale mettono in imbarazzo noi e possono schifare chi abbiamo intorno, quindi per prudenza sarebbe meglio nascondersi dietro alla porta di un bagno per lasciarle libere di uscire. L’unica possibilità per non essere presi in giro è avere vicino un’amica speciale disposta a sopportarle che, se ci vuole veramente bene, molto probabilmente cercherà di farci ridere per alleviare il nostro fastidio e imbarazzo, in modo da farci star bene come e più di prima.

Sì, tutto tornava, si ripeté. Era così, certo che era così!

Non era un caso se le erano scappate tutte e due a pochi secondi le une dalle altre.

Era un complotto mondiale per allontanarla da Matteo, ecco cos’era!

Ma no, no, no. Lei non era disposta a lasciarlo perdere solo per una figuraccia.

Avrebbe potuto rimediare.

Doveva rimediare.

Doveva trovare dentro di sé la forza di uscire da quel bagno e presentarsi davanti a tutti.

Viola fece un gran respiro e si sollevò dal lavandino.

Il suo volto era sporco e rigato di lacrime, i suoi occhi rossi e lucidi, le guance gonfie.

Ma la sua espressione era risoluta.

 

NdA: spero di non essere caduta nell'indecenza e di avervi invece strappato un sorriso.

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