Poche volte Mungibeddu ha mostrato insofferenza attraverso le sue bocche di fuoco. Ma quelle volte è come se avesse voluto avvertire con i suoi tremori e le eruzioni  fuori controllo i suoi abitanti per  le scelte errate di quest'isola, che conta un passato di battaglie e sconfitte, vittorie e guerre quotidiane.

Eruzioni spettacolari come urla alla Munch o fumi asfissianti come camere a gas sono l'apoteosi di una violenza naturale che vuole scomporre ciò che è stato costruito per risorgere come araba fenice sulle ceneri e far risorgere altrettanto chi si è sentito sconfitto o si è abbandonato agli eventi che sembravano irrisolvibili.

Fu il caso  a far scoppiare le botteghe di Efesto quando cominciarono le colonizzazioni di questa terra, dove tutti hanno cercato di prendere o catturare quel sole che è un faro in mezzo al Mediterraneo e che rende florida la zolla da cui nascono i vitigni più preziosi o fioriscono gli agrumi più sanguigni della Conca d'oro.  Ognuno ha poi lasciato le tracce del loro passaggio quasi a contribuire a far nascere quel laboratorio dell' integrazione che è la speranza del mondo. Archeologie di un passato vissuto pienamente con tutte le emozioni che sono l'adrenalina di un cuore sempre pulsante e originale.

E poi la forma di questa terra ricorda il cuore che batte in mezzo alle acque di un mare azzurro e solcato da millenni in cerca di una felicità che è pacifica convivenza dei popoli. È poi eruttato perché il sangue è scorso sull' asfalto, è scivolato e ha imbevuto ogni pietra, ogni ciottolo, un sangue santificato dallo sforzo di migliorare la società depurandola dalla gramigna che s'era impossessata del nostro futuro e condizionava ogni nostro pensiero, lasciandoci poveri di tutte le altre emozioni fuorché la paura, il terrore della violenza umana.

Ci fu un tempo in cui si credeva che l'isola potesse soccombere al clima di possesso di bande criminogene che pensavano di impossessarsi dei nostri sogni e delle nostre speranze, del nostro futuro di libertà. E Mungibeddu è esploso perché il suo fuoco potesse infervorare tutti coloro che credono nella legalità e  sono morti o muoiono ogni giorno in nome di una giustizia che è umana e divina. La rivoluzione iniziò da eventi che sembravano sconfitte, ma il sangue versato si è trasformato in calice di riscatto e ha generato la ribellione comune a uno stile di vita senza vita e ha prodotto il lento e continuò sradicamento delle malepiante per dar spazio ai fiori della luce. La paura, che ci faceva morire due volte, ha lasciato lo spazio alla forza di ribellarsi alla violenza per generare una cultura della legalità.  Il magma è diventato lava e ha prodotto un paesaggio di luce anche se nero della roccia innalzata.

Oggi Mungibeddu trema ed erutta. Continua a eruttare il suo sdegno perché si vorrebbe trasformare la terra dell'integrazione in un porto del rifiuto delle genti africane che si lasciano cullare dalle onde del mare per cercar di raggiungere il sogno di una vita diversa dalle disperazioni delle proprie terre.

E i barconi arrivano, non arrivano, si perdono negli abissi e trasformano le speranze degli uomini in preghiere e  continueranno ad arrivare per continuare a vedere  con gli occhi accecati dalla luce un lungo arcobaleno spuntare come un ponte fra quel triangolo in mezzo al Mediterraneo e quel cielo che sovrasta la nostra bella Sicilia.

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