Di mestiere raccoglieva ferro e altri metalli. Soldi in cambio non ne dava, ma potevi scegliere un oggetto tra gli scarti che prendeva da altri “clienti”.

Aveva un piccolo trabiccolo a tre ruote che riusciva a caricare come un Tir. Nessuno si chiese mai dove fosse il deposito di tanta ricchezza gettata dai buoni borghesi. Solo io, che ne scrivo, mi sono preso la briga di immaginare il capolinea delle sue fatiche quotidiane. So che si tratta di una baracca abusiva, opportunamente collocata nella più estrema periferia. Era lì che lo stracciarolo smontava gli elettrodomestici pezzo a pezzo, ordinandoli per tipo di metallo; il rame di qua, il ferro in mezzo, l'alluminio fuori della tettoia, che tanto non arrugginisce. Qualche pezzo curioso lo serbava per sé, dentro la baracca. Si sa mai che potesse servire.

Ovvio che, giorno dopo giorno, non rimanesse poi posto per nuove cianfrusaglie. Che farne allora? Prese gli oggetti più strani e iniziò a metterli insieme. Voleva costruire la macchina perfetta. A metà dell'opera però dovette fermarsi. Non aveva idea di come continuare. Men che meno, riusciva a indovinare l'uso futuro di quell'enorme ammasso di ferraglia.

Era talmente ossessionato dalla sua costruzione da sognarla talvolta, in certe notti agitate che gli rimanevano appiccicate addosso fino al mattino dopo. Questo era male e gli faceva rimpiangere i bei sonni profondi che faceva prima. Perciò decise di sbarazzarsi del macchinario.

Ma, prima che potesse dar corso alla sua drastica decisione, gli apparve un diavolo rosso e nero, verso le tre del mattino. Reggeva con entrambe le mani un foglio ingiallito, sul quale era scarabocchiato un disegno. Era la sua macchina, completata da numerosi meccanismi.

Quel giorno non fece il solito giro per dedicarsi al marchingegno. Temeva di dimenticare qualche particolare importante, se non ci avesse posto mano subito. Alla fine era notte fonda, schiacciò l'unico pulsante di quel dispositivo incomprensibile e attese che succedesse qualcosa. Lì per lì non accadde nulla e si stava già dando del pazzo visionario, quando gli ingranaggi si misero finalmente in moto.

Adesso la baracca è ricoperta dalla vite selvatica. Si vede che è disabitata da molti anni. Il suo padrone è a zonzo, non per il mondo, ma per il tempo. Ho trovato le sue tracce in un documento datato 27 gennaio 1197. Ogni tanto mi chiedo se gli piace girovagare anche nel futuro, ma non ho modo di saperlo. Oltre questo presente non riesco ad andare.

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