Staccatevi dalla gente che è morta che, di certo, un post con una frase fatta non la riporterà in vita, non aggiungerà memoria né sazierà il vostro cuore.

Staccatevi da chi vi ha amato e ora non vi ama più, che probabilmente, stringi stringi, non vi ha mai amato.

E ora, mentre mi stai leggendo, so che pensi a lei o a lui. E prima, forse, mi darai ragione, per poi riprendere a pensare all'ennesima strategia per riavere ciò che continui a volere.

Staccatevi dal credere che c'è un'alternativa, perché nel frattempo si diventa incapaci di scegliere e di credere che si può scegliere.

Staccatevi dagli amici per cui voi siete un'alternativa e siate selettivi, perché chi è amico di tutti non è un buon amico.

Preoccupatevi di saper perdonare e non di aver ragione, e degli "Adesso basta", che a dirlo agli altri è sempre facile mentre per le cagate che non ci fanno crescere è sempre più complesso.

Staccatevi da quel tarlo che vi dice che non siete abbastanza, che siete incapaci, inadeguati.

Staccatevi dall'illusione di essere felici. Semmai cercate la certezza di volerlo essere, partite dalle vostre notti sole dove voi e solo voi conoscete la vostra infelicità, che luccica solo se avvolta da un buio segreto, e iniziate a costruire.

Staccatevi dall'idea che al cosmo possa interessare la vostra lamentela spicciola sugli esami che ancora dovete dare, sulle intolleranze che avete, sulla dieta che state facendo, sulle vostre nostalgie, sulla gente che non vi capisce, sui vostri cagnolini, gattini, nipotini, calzini e sul disegno nei vostri cappuccini: sappiate che la gente vive benissimo lo stesso.

Prendete le distanza da questo moderno relativismo, che tutti fanno a gara per indossare ma che, a me, spaventa da morire.

Staccatevi da quella faccia di bronzo che avete e dite la verità, le cose come stanno: ho fame, ho sete, ho paura, ho un vuoto dentro, sono stanco.

Staccatevi da quello che volete essere e dal tormento, dal fatalismo, dall'autocommiserazione e dal sabotaggio messo in atto dai "Non posso farci nulla" e attaccatevi piuttosto alla vita, che è una, e da qui alla morte deve esistere solo il moto per riempirla per bene, con le carezze di Dio e l'amorevolezza di chi genera vita. È arrivato il momento di dirsi che la vita è bella. Riempitela di ciò che vi fa stare bene, che poi, alla fine dei giorni, non frega un cazzo a nessuno leggere la lista di quello che avreste voluto essere e non siete mai stati e poi, in una processione di "Mah", la triste ruga di una mezza vita sprecata e sbiadita.

E se vi sentite chiusi in una gabbia, avvinti da catene che non siete capaci di sciogliere, probabilmente è arrivato il momento di sturarvi gli occhi e rendervi conto che la porta è aperta in attesa di essere varcata.

Tutti i racconti

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