Una fila di sedie davanti agli ascensori del reparto di Chirurgia Cardiaca. Tutte uguali eccetto una che sembrava quella su cui Fabio sedeva nell’aula A del Dipartimento di Fisica. Aveva un tavolino su cui scrivere, le altre no. C'era solo un vecchio dalla faccia grigia e gli occhiali scuri seduto davanti agli ascensori. E non era seduto su quella col tavolino. Lì si sedette Fabio. Tirò fuori dalla tasca del cappotto il panino, lo aprì in due, ne estrasse un pezzo di mollica. Se la rigirò tra le dita, ne fece una pallina di qualche millimetro, irregolare, grigia. La depose sul bordo del tavolino, prese un altro pezzo e se lo rigirò tra le dita.

La porta a vetri del reparto di Chirurgia Cardiaca si spalancò. Uscì una donna in camice verde, stetoscopio al collo. Fabio lasciò la pallina di mollica incompiuta accanto all’altra.

Si avvicinò alla signora in camice verde.

Posso disturbarla? Chiese.

Dica.

Il signor G. è ancora in sala operatoria?

Lei chi è?

Il figlio.

È ancora giù, sì.

E, mi scusi se le faccio perdere tempo, mi sa dire quanto ci vorrà?

Due tre ore. Dipende.

Ma come sta andando?

Guardi, le faremo saremo sapere qualcosa quando lo riporteranno in reparto.

E chi mi avvertirà?

L’infermiere, l’infermiere.

Ma lo sa che sono qui?

Stia tranquillo, glielo dirò. Intanto vada a prendersi un caffè e non si preoccupi, le faremo sapere.

Flavio si allontanò mentre l’anziano dagli occhiali scuri si avvicinava al camice verde. Le disse qualcosa. Lei scosse il capo e salì sull’ascensore riservato alle lettighe. L’uomo si diresse verso le scale.

Fabio ritornò alla sedia. Ricominciò a fare palline di mollica. Di tanto in tanto si fermava, guardava l’orologio attaccato al muro e riprendeva a fare palline. La porta si apriva e si chiudeva ma nessuno gli diceva nulla. Erano passate quasi quattro ore da quando era lì quando uscì un uomo in divisa bianca.

È lei il figlio del signor G.? Chiese l’uomo.

Fabio si alzò.

Si sono io, disse.

Venga venga, il chirurgo la sta aspettando, disse l’infermiere e si fece di lato.

Fabio si scusò, lo pregò d’aspettare, pulì il tavolino della sedia, si ficcò le palline in tasca ed entrò nel reparto di chirurgia cardiaca.

 

 

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