Tutti sanno che la gente della mia specie, quella dei gatti, tendenzialmente odia stare nell’acqua, o anche solo bagnarsi un po’. Immagino la vostra sorpresa, quindi, quando vi dico che avevo deciso di trascorrere la mattinata comprando un biglietto per un giro turistico in barca (con bagno previsto ed incluso per chi volesse!).

 

L’isola è molto ospitale e calda, ma la maggior parte delle attività hanno a che fare con l’acqua, quindi è meglio per me che inizi a vincere questa mia paura, altrimenti la vacanza potrebbe finire addirittura per sembrarmi uno stress più che uno svago.

 

Poco prima di imbarcarmi, osservo attentamente la situazione. Il nostro è un grande battello a due piani, che ospiterà all’incirca un’ottantina di passeggeri in totale, di tutte le età e specie. La scritta “Dream Travels”, a caratteri cubitali e di colore blu scuro, è presente su entrambi i lati dell’imbarcazione, quest’ultima di un candido colore bianco. Spero con tutto me stesso di prendere un posto in cui sentirò meno il mal di mare, ovunque esso sia. Il sole è così intenso e forte oggi che sento di stare andando a fuoco, quindi non perdo altro tempo e salgo.

 

Appena prendo posto, mi rendo conto che la brezza marina ha un effetto rilassante e soporifero; decido dunque di chiudere gli occhi, e prima di accorgermene, sto già sonnecchiando. Ora, perdonatemi il mezzo gioco di parole, ma nel mio sonno non mi trovo in... acque tranquille. Certo, appoggiarsi sullo zaino aumenta la comodità del mio riposo, ma questo non spiega il perché nel mio sogno mi trovo a cinquanta metri sotto il livello del mare, legato ad un’ancora e con il cuore che batte all’impazzata per la situazione critica in cui mi trovo.

 

Nonostante questo, non riesco a svegliarmi, e sono costretto a sentire una serie di sensazioni terrificanti: a partire dai i vestiti che ho addosso diventare tutt’uno con il mio pelo, umido, bagnato ed appiccicaticcio, per poi passare dai movimenti spasmodici mentre tento inutilmente di risalire in superficie, sempre più lontana, per poi finire con il respiro sempre più corto, i polmoni sempre più infiammati a causa dell’acqua salata che infesta i bronchi. So perfettamente che questo è un sogno, perché io mi trovo sulla barca, mi sono addormentato appoggiato al mio zaino e sono in vacanza, di certo non sto per morire!

 

Ed infatti avevo ragione. Quando mi sveglio, non c’è traccia del mare, dell’ancora, ed infine i miei polmoni sono pieni di ossigeno e i miei vestiti sono asciutti. Ma non c’è traccia nemmeno del battello, o di tutte quelle persone che vi erano sopra. È a quel punto che mi rendo conto che sono in aria, ad un’altezza sconsiderata, e sto cadendo a tutta velocità. Subito la mia sensazione di sollievo scompare, ma a quel punto mi rendo conto dell’ennesima stranezza: mano mano che scendo di altitudine la velocità con cui cado diminuisce, come se stessi planando. Tuttavia, in fondo a questa caduta trovo ancora una volta un’immensa distesa di acqua, e nient’altro che acqua per chilometri e chilometri.

 

Faccio dolcemente contatto con l’acqua marina, e mi sale il cuore in gola. Non so nuotare! Mi dimeno pateticamente, tentando di restare a galla, ma è tutto inutile. Per l’ultima volta lancio uno sguardo verso il cielo, come ad implorarlo di riportarmi a casa, lontano da qui, lontano dall’acqua. Ma il cielo mi ignora, rossastro, quasi sanguigno, pieno di corpi celesti che si incendiano a contatto con l’atmosfera, fulmini che lampeggiano di tanto in tanto. Che cosa sta succedendo? Non voglio morire!

 

Vengo lentamente ma inesorabilmente trascinato verso il fondo. Istintivamente ho già rizzato la mia coda, conscio del pericolo mortale a cui sto andando incontro. Non so quanto tempo passo a provare a galleggiare, forse dieci minuti, forse un’ora, fatto sta che a me sembra un’eternità. Ad un certo punto le forze abbandonano il mio corpo, pronto ad accettare il suo infelice destino. Nessuno verrà a salvarmi. Scoppio in lacrime quando oramai sono un metro sott’acqua. Non credevo di esserne ancora in grado. Ora mi trovo a due metri sott’acqua. Sto recitando alcune preghiere nella mia mente. Non ho mai creduto in Dio. Adesso mi trovo a cinque metri sott’acqua. Potete considerarmi già morto, se proprio volete. Ho finito il fiato, e l’acqua salata entra di nuovo nei miei polmoni, ma questa volta è reale, e anche il dolore lo è. Smetto di negare il mio destino, ed inizio invece ad accettarlo. Faccio un grande respiro, portando dentro di me tutta l’acqua che posso. È doloroso, molto doloroso, e non sono nemmeno sicuro che valga la pena farlo, ma voglio che finisca tutto il prima possibile. Dicono che si vede qualcosa prima di perdere coscienza o prima di morire, ma io non riesco a vedere niente. Forse non merito di vedere niente? Accetto anche questo, l’ultima cosa che faccio prima di morire è rannicchiarmi in posizione fetale, mentre continuo a piangere.

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