“C'è qualcosa dentro di me che accarezza il silenzio di questi giorni lenti, annusati piano, senza verbo da prestare ai distratti passaggi di vento arido, privato dei profumi temperati, svoltati lontano per un po', altrove. Quieta è la mia volontà di affermare la vita, chiacchierandomi addosso, nella gola, perché le parole non abbiano suono né intenzioni da mostrare al mondo, ma solo avida e gelosa emozione trattenuta. Non ascolto più né intendo "emissioni" sfacciate di gioventù, indossate dentro quei passi svelti, sinuosi, aggrappate alle pose arroganti del mento teso, decollante. Erano alti quegli sguardi, fieri, mossi dalle energie di fresche prestazioni, inconsapevoli delle lusinghe di un tempo in cammino, bugiardo, al termine e incurante dei miei sciocchi e antichi progetti.

Ci sono valori incontrati tra le pieghe del tempo che non avrei mai potuto immaginare di poter trattenere così emotivamente nell'oggi. Mi sento fragile in questi particolari momenti, lievemente stropicciato da troppi inganni e dal peso di dure sconfitte, senza possibilità di accoglierne completamente il senso né un rimedio; ammesso esista. So che resteranno lì, invece, tutti in fila nell'anima quei segni sghembi, profondi, come aspra memoria del tempo abbattuto, attraversato dai molti intralci.

Ecco, ora rimango sommessamente così: con gli occhi colmi, pieno di muto incanto, pur se per questo triste accosto d’umore plumbeo, dentro il mio caparbio silenzio stabilito. Resto in piedi, a osservare il "nulla" delle cose attorno. Mentre ascolto un piccolo suono gorgogliante annunciare il buon profumo di caffè appena salito, che ancora mi commuove.”

 

© Roberto Anzaldi

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