Era di una bellezza accecante. La pelle chiara, i capelli scuri, gli occhi verdi, le labbra rosa e le gambe lunghe. Un corpo esile e un'aria fragile.

 

Mentre mi raccontava dei suoi disagi fissavo quelle labbra. L'avrei scopata all'istante. Tenere a freno le pulsioni era una di quegli aspetti della mia professione su cui giurai. Mai con una paziente. Eppure quella donna... 

 

Soffriva di depressione, aveva perso la voglia di vivere. Di amare. Una malattia subdola che ti mangia poco alla volta. Pianificammo delle sedute. Mi sorrise. Aveva bisogno di cure. Mi sarei occupata di lei partendo dal fondo.

 

Ci baciammo poco dopo. Sedute sul tappeto del mio studio mi si avvicinò per abbracciarmi. Un gesto di gratitudine che scatenò il mio desiderio. L'attirai a me. Si diede con trasporto. Prima un bacio dolce e poi uno potente, sconveniente, arrapante. Il sesso tra donne è più tormentato, volgare, esigente. Se solo gli uomini sapessero come sanno amarsi due donne.

 

"È come se 

il cuore pulsasse dal basso

il respiro non uscisse più dalle narici

il ventre diventasse un letto dove tutto perde dimensione e contorni

in quel fiume che sgorga"

 

La sera a casa mi attendeva mio marito. Una relazione complicata, difficile restare fedeli a se stessi. Troppe pazienti, troppe donne, troppe creature bisognose d'amore, troppe pulsioni. Ci ricadevo. Erano passati cinque anni dall'ultima volta. Pensavo di essermi calmata e invece quella donna mi prese.

 

Mi scoprii lesbica da adolescente ma non lo confessai a nessuno. All'epoca andavo a letto con la mia insegnante di ginnastica. Un culo perfetto. La prima volta fu in palestra. Eravamo nude, sotto la doccia. Si avvicinò, mi fissò i seni e iniziò a toccarmi. I ragazzi furono convenzione e mio marito una copertura. A mio modo l'amavo ma tra le lenzuola solo doveri. Non aveva mai sospettato nulla.

 

Anna era piacere puro. Il sesso la riaccese, divenne ancora più bella con le gote arrossate e il sapore del piacere in bocca. Ci amammo in modo selvaggio e primitivo. Divenne parte di me come se scorresse nel mio sangue. Ogni istante e ogni pensiero erano dedicati a lei. Tutto perse importanza sino a che un giorno se ne andò. 

 

Un incidente d'auto. Un motorino che si infila tra due corsie, uno sbandamento, un frontale e il buio. Ore di silenzio in cui mi parve di impazzire. La chiamai ripetutamente. Nulla. Non ebbi notizie per due giorni interi, poi le pagine di cronaca e quell'articolo di giornale. Mi recai in ospedale, come medico entrai nell'obitorio, la vidi distesa, infreddolita e sola con la sua aria ancor più fragile. Morì anche una parte di me, per sempre. Anna fu l'ultima amante, la sola che vive nel mio cuore.

 

Ho nella testa il ricordo di parole d'amore che girano senza meta. Sono così fresche nella memoria da sentirne la nostalgia.

 

"Ma dimmi amore, tu come farai senza?"

 

Eravamo tante cose che non saremo più.

Non ero pronta al distacco e neppure alla tragedia. Te ne sei andata da sola. Il tuo ultimo bacio preme ancora sulle mie labbra come il tuo corpo delicato ebbro di piacere.

 

Ora che le voci della coscienza tacciono, odo quelle malate del cuore. Sono strazianti.

 

Chiudo gli occhi e cerco il perché di quel timone afferrato per contrastare il destino.

 

E rileggendo i tuoi messaggi d'amore non mi resta che vivere con il nostro segreto nel cuore soffocando l'istinto di urlare al mondo quanto ti ho amata. Prima di impazzire.

 

Addio amore mio.

 

 

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