L’aula Gemelli dell’Università Cattolica è gremita, anche nei gradini dei corridoi, di fianco alle file dei banchi degradanti verso l’emiciclo. Piero è in uno dei posti a metà, vicino al corridoio centrale. E’ ai primi giorni di frequenza dell’Ateneo. Alla sua prima assemblea del movimento. Da quel momento non ne perderà una.

Il fondo in alto, per oltre tre file di posti, è occupato da circa cento individui, quasi esclusivamente maschi, vocianti, con i capelli corti e il braccio teso nel saluto fascista.

Dal basso, al microfono, Mario Capanna, con l’indice puntato verso di loro sta gridando “…compagni, la lotta al fascismo viene prima di tutto, costoro sono quelli delle bombe, dei pestaggi e degli omicidi di democratici…”.

Tutt’intorno, centinaia di studenti inveiscono gridando “fuori i fascisti dall’Università!”

Dall’alto rispondono con “duce! duce! duce!”

Lo scontro è inevitabile. Per la sua posizione, Piero si trova subito in prima linea. Sale qualche gradino ed è di fronte a un energumeno che gli si avventa contro. La folla intorno limita i movimenti e i due si trovano a terra. Non riescono a scambiarsi che qualche colpo ma la faccia dell’avversario, alterata dall’ira, Piero la ricorderà a lungo.

La rissa dura solo alcuni minuti, dopo di che, i fascisti sono cacciati dall’aula e fuggono per i corridoi verso l’uscita.

Si crea un corteo con metà degli studenti presenti in assemblea che arriva all’ingresso dell’Università.

Più avanti, in Largo Gemelli all’altezza della caserma di polizia, sono schierati i fascisti che continuano la provocazione.

La rabbia è tanta e gli studenti stanno per lanciarsi in una carica. Dalla caserma esce qualche decina di poliziotti in assetto antisommossa.

Si schierano davanti ai fascisti cui voltano tranquillamente le spalle. Sono rivolti minacciosi verso gli studenti. Questi decidono di chiudere i cancelli dell’Università.

L’assemblea in aula Gemelli continua. È approvata all’unanimità una mozione che decreta “l’occupazione dell’Università come presidio cittadino contro i fascisti”. Presso la presidenza si raccolgono le iscrizioni alle commissioni che lavoreranno durante l’occupazione. Piero s’iscrive a quella dal tema “ORA E SEMPRE RESISTENZA – L’antifascismo militante proseguo della guerra partigiana”.

Il giorno dopo, durante una riunione del Movimento Studentesco all’Università Statale, Piero apprende che il soggetto con cui si era scontrato, è Ivano Latuzza. Uno dei peggiori picchiatori di Milano.

Piero, per parecchi anni, prenderà l’abitudine di guardarsi attorno quando si reca in posti abituali e se può, di non sedersi con le spalle all’ingresso.

Dopo una settimana ai cancelli dell’Università si presentano un centinaio d’agenti della vicina caserma e caricano il presidio a guardia dell’ingresso. Il servizio d’ordine del "movimento" riesce a rallentare per qualche minuto la loro irruzione mentre gli studenti presenti si raccolgono in aula Gemelli. Piero è tra questi. E’ seduto vicino a Marcella e come lei ha molta paura. Gli agenti che fanno irruzione nell’aula sono accolti dal canto dell’Internazionale.

La polizia blocca le uscite dall’aula e con due file d’agenti, forma un corridoio di una cinquantina di metri. Gli studenti sono costretti a passare in mezzo tra sputi e spintoni (se gli va bene!). Alla fine sono tutti identificati e portati in questura.

Piero e Marcella ne escono scioccati. I loro genitori sono infuriati con loro.

Da quel giorno però non potranno più disertare gli avvenimenti della Milano di quegli anni formidabili.

 

 

 

 

 

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