È la sera dell’antivigilia.
Fuori fa un freddo assurdo, mentre nel terminal sembra di stare in una sauna.

La ressa di chi parte per le vacanze o torna a casa dalla famiglia rende l’ambiente non solo estremamente rumoroso, ma anche soffocante.
C’è tutto ciò che non desidero dopo una giornata di fuoco al lavoro, come oggi, prima della chiusura natalizia.
Trovare un taxi libero è stata un’impresa epica, che sia poi riuscito a non rimanere imbottigliato nel traffico beh, quasi un miracolo.

Vorrei solo levarmi questo reggiseno soffocante, quello che mi fa due tette da urlo, ma quasi me le spinge in gola. Vorrei un bagno bollente rischiando la fine di una gallina in brodo, indossare il pigiama di pile e bermi una cioccolata calda mentre guardo per la miliardesima volta “La Bella e la Bestia”.

Non ne posso più di questo completo e delle scarpe col tacco!

Ho la gola riarsa e un principio di emicrania.

Il tempo stringe ed hanno già aperto il gate. Mi aspetta una snervante traversata di dieci ore, con scalo ovviamente. Prima di Natale dove vuoi trovare un volo diretto dell'ultimo minuto per la città dell'amore per antonomasia?
Mia madre mi ha pregata, scongiurata di passare le feste con lei e suo marito Roger. Roger pronunciato alla francese, con la ”g” scivolosa e la ”r” inesistente… Per me rimarrà Marito n. 7. Non serve nemmeno impararne il nome, tanto mi aspetto un nuovo fiancé nel giro di pochi mesi.

Potrei bere qualcosa sull’aereo, ma se non mi idrato ora finirò secca come uno stoccafisso o rischio di mordere il tipo qui vicino se solo osa rivolgermi la parola.

Babbo Natale sarebbe molto dispiaciuto del mio comportamento e finirei sulla lista dei bambini cattivi. Sarà una corsa contro il tempo riuscire a prendere una bottiglia d’acqua prima dell’imbarco.

Con uno slalom impossibile tra bagagli a mano e persone impalate, trascino il trolley e arrivo a un barettino che, per un altro miracolo, in questo preciso momento è vuoto!

— Buonasera, un’acqua natur… —
— Ciao, Lola! Un latte macchiato da portar v… —

Io e un tizio che non avevo visto diamo l’ordinazione in coro alla cassiera che ci osserva con occhi sgranati.

Sembra giocare a Pong con lo sguardo: boing guarda me, boing guarda lui.

Anche il tipo ed io ci guardiamo.

APPERÒ.
È vero che sta cercando di passarmi davanti, ma se non avessi fretta gli chiederei di offrirmi da bere in cambio della precedenza.

Ha i capelli chiari, spettinati come chi ha combattuto una guerra col cuscino e occhi grandi, limpidi, cerchiati da rughette leggere che si increspano quando sfoggia un sorriso sornione.

— Le spiace se ordino per primo? Ho un volo tra poco… — chiede con tono languido.

Certo che mi dispiace penso. Per quanto sia intimamente debole a un uomo dall’aria scarmigliata e dalla voce suadente, non mi farò fregare da un sorriso ruffiano.

— Guardi ho fretta anch’io. Hanno già chiamato per l’apertura del gate. Quindi sì, mi spiace. —

Il suo sorriso un po’ si spegne.

Non è che voglio fare l’antipatica, ho davvero fretta.

Mi rigiro sforzandomi di usare un tono meno acido e ordino:
— Un’acqua naturale e un macchiato da portar via. —

Poi indicando il tizio:
— Però paga lui. —

Non andrà in bancarotta per una bottiglia d’acqua. 

Gli sfoggio il mio miglior sorriso, quello collaudato per quando devo rabbonire la mia boss e mi scanso aggirando il suo trolley.

Mi cade l’occhio sul bagaglio: ci sono adesivi di varie compagnie aeree e un lucchetto a forma di testa di ranocchia sorridente. Mi strappa un sorriso.

Sento gli sguardi della cassiera e del tipo pizzicarmi la nuca, seguiti da una risata trattenuta mentre lei dice: — Sono sette dollari Logan. —

Lui, che sbircio con la coda dell’occhio, scuote la testa con aria stupita e porge la carta.

Ah, quindi si conoscono, si chiamano per nome... Beh sembra un viaggiatore abituale, ci sta.
Il barista mi passa la bottiglia d’acqua e posa il bicchiere di latte macchiato sul bancone; gli sorrido mentre afferro entrambe le bevande.
— Grazie, buon lavoro. —

Allungo a Logan il macchiato.

— Grazie, a buon rendere. —

Non ci incontreremo più, ma in fondo ha fatto una buona azione. Sarà lo spirito del Natale a ripagarlo.

— Buone feste! — 

Agito la bottiglia a mo’ di saluto prima di riafferrare il bagaglio e dileguarmi in mezzo alla folla.
— P-prego… almeno posso sapere a chi ho pagato la consumazione? — La sua frase si perde nel brusio generale. — Buon Natale! — Aggiunge, urlando un po’ più forte per farsi sentire.

Il gate è un formicaio impazzito tra gente che cerca documenti all’ultimo secondo, bambini che si lamentano, valigie piazzate in mezzo al passaggio... Lancio la bottiglia svuotata in un amen nel primo cestino che incrocio, poi controllo la carta di imbarco e cerco di intravedere il numero sul display: bene, è la fila giusta.

Sono pronta a farmi largo con il trolley come un quarterback da sfondamento, quando sento una voce alle mie spalle.

— Hey, straniera assetata! — 

Mi blocco e mi volto.

Ed eccolo lì, Logan. Bello e ansimante: in una mano il trolley, nell’altra il bicchiere del macchiato.

— Mi dici almeno il nome, visto che ti ho offerto da bere senza prima chiederti un appuntamento? — 

Alzo un sopracciglio. 

— Volevi passarmi davanti alla cassa, direi che è stato uno scambio equo. —

— Quindi niente? — Insiste con quell'espressione che gli increspa le rughette.

Sospiro. Devo smetterla di essere così sensibile ai sorrisi ruffiani. E alle rughette. E alla voce vellutata.
— Mi chiamo Nell. E ora devo passare, prima che mi chiudano l’uscita in faccia. —

— Parigi? —
— Già. —

Lui mi mostra la carta d'imbarco con sguardo trionfante.

— B27. Stesso volo. —

Rimango immobile mentre sento le guance arrossire.

— Beh… Che coincidenza. —

—  È la magia del Natale. — E sorride con quegli occhioni blu.

La fila avanza. Consegniamo i documenti all’unisono. Mi lascia passare per prima con un inchino teatrale da cui mi schermisco con un cenno della mano, cercando di non vacillare.

— Prego Nell. Magari poi sarai tu a offrirmi un caffè a Parigi. —

— Vedremo. Se non ronfi in aereo forse avrai una chance. —

Porta la mano sul cuore come ad accusare il colpo.

Non riesco a trattenere la risata. 

E per un istante, il lavoro, il gelo, la stanchezza, la mamma, il Marito n.7… Per un solo istante tutto sembra lontano.

Varchiamo insieme il tunnel d’imbarco.

— Comunque, sono davvero contento di averti ritrovata. —

Cambio mano al trolley, facendo finta di guardare avanti e non lui.

— Anche io. Ma non farci l’abitudine. —

— Ahimè, troppo tardi. — 

E senza che me ne accorga, camminiamo fianco a fianco verso l’aereo, verso il cielo, verso Parigi… 

Verso un altro piccolo miracolo di Natale.

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