Lizzie afferma che sono simile ad Attila: dove passo io l’ordine non crescerà mai più, neanche a farlo apposta. Io le rispondo che è lei che non sa stare nel mio disordine, ma obiettivamente ha ragione. Fatto sta che oggi mi sono ripromesso di mettere a posto la biblioteca nello studio: dai, c’è una tale confusione che a volte non riesco a trovare il libro che cerco.
Alla porta ho appeso un cartello: “Attila in azione”.
Lizzie ride. Coraggio a due mani e via.
Dopo un po’ di sano sacramentare perché per mettere a posto occorre dello spazio che io non trovo, “Cent’anni di solitudine” e altri due libri mi scivolano di mano e cadono sul pavimento. Resto a guardare l’inaspettato: un pacchettino di lettere legate con un nastrino azzurro e la cosa mi fa sedere sul tappeto.
Lettere: una cosa d’altri tempi.
Come diavolo siano finite lì, mah! Le rigiro tra le mani: sembra di toccare un oggetto d’antiquariato e forse lo sono veramente.
Quasi mi commuovo nel sapere che contengono in maniera indelebile sentimenti, emozioni, cose accadute tanto tempo fa, quando l’unico modo per stare vicini e parlarsi d’amore era scriversi e ciò faceva provare un batticuore così forte che sembrava che il cuore stesso volesse uscire dal petto.
Rileggo parole che lei mi ha scritto e la rivedo così giovane, così bella: mi sono sempre chiesto come ha fatto a scegliere uno come me. Lei mi risponde che per questa domanda sono ormai fuori tempo massimo.
Una lettera in particolare mi commuove. E’ un fatto che ricordo come fosse successo ieri. Ero militare, mi ha accompagnato in stazione: licenza finita, la “Folgore” mi reclama. Ai finestrini dei due treni in partenza da due binari contrapposti, uno per il Friuli l’altro per Livorno, solo militari: sul marciapiede tante ragazze con le lacrime agli occhi. Affacciati ai finestrini siamo in tanti: parà, bersaglieri, alpini. Prima sommesso poi sempre più forte, dai ragazzi s’alza un canto.
“Ohi vita, ohi vita mia, si stato ‘o primmo amore, ‘o primmo e l’ultimo sarai per me”.
Scrive che a ripensarci le viene da piangere e sarà una cosa che non dimenticherà mai.
Che batticuore! Altre cose, altri momenti, avevamo vent’anni.
La chiamo, mi si siede vicino e rileggiamo insieme quei cimeli: sembriamo due ragazzini che riguardano il film in bianco e nero della loro vita. Eppure non è cambiato niente: siamo innamorati come al tempo delle lettere, però è emozionante.
Ci alziamo, Lizzie dice che per oggi basta e lo fa con la mano appoggiata alla mia spalla, come ogni volta che vuole dirmi: “sono qui e ci sarò sempre”.
Già, perché: io no?

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