Mi chiamo Eracle e possiedo una taverna a Tebe, vicino al tempio di Zeus. Ho cominciato la mia attività circa dieci anni fa. Il favore degli Dei e il buon vino che ogni settimana, con un carro, mi reco a comprare direttamente nella città di Daulide, hanno favorito i miei affari.

Tra i tavolacci del mio locale sento storie difficili da credere e conosco persone che si vantano di avventure impossibili. Poi, dopo qualche bicchiere del mio vino, tutto diventa più reale.

Voglio però raccontare di avvenimenti, davvero particolari, a cui ho personalmente assistito.

Ero di ritorno da uno dei primi viaggi a Daulide per approvvigionarmi di vino. Alla guida del mio carro, stavo percorrendo la strada che conduce in città attraverso una delle sue sette porte, quella di Atena Onca. Intorno la folla era particolarmente numerosa per il giorno di mercato. C'erano molte donne e bambini, alcuni di loro si divertivano a salire e scendere dal mio carro, che dato il carico, procedeva lentamente. Improvvisamente ho sentito delle grida d' imprecazione assieme a urla di paura. Subito dopo ho visto arrivare a folle velocità, tra il fuggifuggi generale, un cocchio trainato da due cavalli. Alla guida un uomo sulla quarantina, che sembrava divertirsi a lanciare i cavalli ancora più veloci ed esigere che tutti gli facessero largo. Non sapevo come riuscire a spostare velocemente il carro dalla sua traiettoria.

Ho temuto davvero il peggio.

Improvvisamente, una decina di passi davanti a me, un uomo, approfittando del rallentare del cocchio dovuto a un dosso sulla strada, riuscì ad afferrare con vigore le redini di uno dei cavalli ed a costringerli a fermarsi. Ne scese il conducente furente, armato di spada e si lanciò contro il passante coraggioso, che sebbene armato solo di un bastone, non indietreggiava. Il furore dell'uomo con la spada però lo tradì nell'assestare il colpo diretto alla testa dell'uomo con il bastone. Molto più giovane ed agile questi era riuscito ad evitarlo.

Per un po' i due si studiarono, uno di fronte all'altro.

Intorno si era radunata una folla che simpatizzava chiaramente per l'uomo più giovane, anche se sapeva che difficilmente sarebbe sopravvissuto allo scontro. Improvvisamente, l'uomo con la spada era avanzato deciso, con la punta della sua arma puntata al cuore del giovane. Questi si era buttato di lato e nello stesso tempo era riuscito a deviare in parte la spada con il suo bastone. Non abbastanza però da non restare ferito ad un fianco. L'uomo con la spada era rimasto sbilanciato qualche secondo. Il giovane, aveva capito in quell'istante che la sua vita dipendeva dalla velocità e dalla precisione del colpo che gli Dei gli avevano reso possibile. Fulmineo aveva colpito.

Si era sentito distintamente il rumore che il grosso bastone aveva fatto abbattendosi sul cranio dell'uomo con la spada. L'uomo con il bastone aveva colpito ancora, poi ancora e ancora, fino a che l'altro era caduto nel suo sangue.

A questo punto la folla, che probabilmente conosceva l'uomo a terra, aveva cominciato a disperdersi temendo l'arrivo delle guardie.

Anche l'uomo con il bastone, sebbene ferito, si era allontanato velocemente.

Qualche anno dopo, mi ero recato al tempio di Zeus per assistere ad un grande evento, l'incoronazione del nuovo re. Era qualche tempo dopo che la città era rimasta ostaggio di un orribile mostro alato, una vergine con la faccia di donna e il corpo da leone, che aveva gettato la maledizione della peste su Tebe. Alle porte della città, questo malvagio dea-mostro massacrava i viandanti che non risolvevano il suo indovinello: "Qual è l'essere contemporaneamente bipede, tripede e quadrupede?".

C'era voluto davvero del coraggio per affrontare la Sfinge dalla bocca grondante sangue. Un uomo l'aveva trovato e aveva pure risolto l'enigma. "L' uomo" aveva risposto "che da bambino cammina carponi, poi eretto e in fine con il bastone".

La Sfinge sconfitta era fuggita liberando la città dalla peste. Il popolo grato, aveva acclamato re l'uomo che aveva saputo vincerla.

Altrettanto nota era la storia d'amore che aveva legato il futuro re e la regina Giocasta. Si erano conosciuti durante una delle numerose udienze durante le quali la regina apriva il palazzo al suo popolo. L' uomo aveva subito tranquillizzato la regina, da poco vedova, di non volere assolutamente la corona contro la sua volontà. Avevano cominciato a vedersi sempre più spesso. La regina apprezzava la sua determinazione e saggezza nell' affrontare i problemi quotidiani nella conduzione del regno. Grazie a lui, pian piano, aveva superato il timore verso i sacerdoti che, dalla morte di suo marito, avevano preso il sopravvento su di lei e di fatto governavano. Rideva di gusto per l'imitazione dei loro modi tronfi che il futuro re sapeva fare. La simpatia si era trasformata in amore e infine la regina aveva acconsentito alle nozze. Era stato grande il mio stupore quando avevo riconosciuto nelle sembianze del futuro re quelle dell'uomo con il bastone che aveva affrontato il prepotente conduttore del cocchio. Successivamente erano venuti anni davvero felici per tutti.

Il mio re e la regina avevano avuto quattro eredi. Il popolo adorava la famiglia reale. La fama del re aveva superato i confini del regno. Poteva ben essere fiero di sé. Aveva saputo dimostrare coraggio e valore nell'affrontare il prepotente conduttore del cocchio, acume e sprezzo del pericolo contrastando la Sfinge e liberando Tebe dalla peste, sentimento e nobiltà' nella sua storia d'amore con la regina Giocasta.

Oggi ho sentito notizie terribili sul mio re. Di ritorno da Delfi dove aveva consultato l'oracolo, Creonte aveva avallato alcune profezie, che oggi l'indovino Tiresia ha rivelato. Il mio re é accusato d'essere un parricida poiché l'uomo del cocchio da lui ucciso era suo padre e marito della regina.

Inoltre il mio re risulta essersi macchiato anche del peccato d'incesto poiché Giocasta é sua madre.

Infine viene bollato di sacrilegio per la cacciata della Sfinge.

Qui in taverna arrivano notizie sempre più tragiche. La regina Giocasta si è impiccata. Il mio re si è accecato e ha lasciato la città.

Io, avvilito, mi chiedo disperato "Che cosa è' la verità? Quale è' la verità?" Quella che sino a ieri abbiamo vissuto tutti quanti? Quella tragica di oggi?”

Esistono più verità! Voglio urlare e testimoniare la mia verità a voi genti future. Voi, che magari fra migliaia di anni, forse sedotte dalle strane teorie di un vecchio pensatore vostro contemporaneo, abbinerete il nome del mio re a quello di un vergognoso complesso. A voi grido: "Non vi è' stata vita più onorata e degna di essere vissuta di quella del mio re Edipo!”

 

 N. d. A.: Sappiamo che nell’antichità si sono consumate tragedie......Tutti conosciamo la storia d'Edipo. La sua vita é formidabile. Però, Edipo si offende quando è costretto ad accorgersi che ha commesso un parricidio, uno stupro sacrilego sulla vergine che gettava la pestilenza sulla città, e incesto con la madre. Per lui rimane solo questa verità. .......Io credo che sia molto difficile per noi dire che quelli sono stati grandi anni di semplice felicità, innocenza e generosità; sono stati sia questo, sia il contrario, sia molte altre cose. ......E' vero che quegli anni sono stati solo parricidio, incesto, delitti, infamie e assassinio? E' vero che non sono stati niente di tutto questo?

"Ma che cosa è la verità?"

Sono le parole di Adriano Sofri, in un intervento ad un convegno sugli anni settanta, a Milano, nell'ottobre del 1985 (qualche vita fa).

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