Faceva molto caldo, era un luglio come tanti altri in quell’isola della Grecia di qualche secolo fa. 

Euclide e Nicodemo si incontrarono per caso sulla via. Da tanti giorni non si vedevano.

Si fermarono dove il grande albero faceva ombra, sulla via che porta alla spiaggia.

Il blu del cielo diventava azzurro appena sotto l’orizzonte e quel mare sotto di loro, mescolava il suo gorgoglìo a quello della brezza mattutina tra gli alberi.

Nicodemo era un soldato della pattuglia di vigilanza dell’isola, Euclide un contadino che viveva dei suoi raccolti. Si conoscevano da una ventina di anni, abitavano vicini nel lato sud dell’isola. Avevano consolidato una bella amicizia e si frequentavano con piacere per scambiare quattro chiacchiere e bere vino insieme alla locanda. Parlavano con piacere soprattutto perché c’era un insolito interesse comune nel sondare argomenti esistenziali, e seppur discordando spesso nelle visioni, riuscivano sempre a trarne conoscenze nuove assimilando uno dall’altro.

Quel giorno Euclide, vispo e sornione come sempre, alzò la mano destra con le dita strette ed il dorso rivolto di fronte al volto di Nicodemo. Dopo un istante gli chiese: “Nicodemo, questa è una “storia”, come la vedi tu?” e fece vibrare lievemente il dorso della mano davanti ai suoi occhi spalancati.

Nicodemo era abituato a queste insolite scenette del suo compagno, ed assecondava con piacere le sue richieste, mettendo in gioco la sua capacità di attento osservatore estremamente razionale. Stette in silenzio lungamente ad osservare il dorso di quella mano, spostando di tanto in tanto lo sguardo sul voto incuriosito di Euclide.

“È una brutta storia!” disse infine. “scura, rugosa, pelosa”. – “No” - disse Euclide guardandosi il palmo - “è una bella storia…. chiara, liscia, glabra” - “No”, ribatté Nicodemo – “vedo anche delle unghie, è una storia aggressiva! - Le unghie sono nere, quindi è una sporca storia!”.

“Assolutamente no! – Vedo morbidi delicati lindi polpastrelli, è sicuramente una storia limpida e delicata”. – Stettero in silenzio, Nicodemo con le sopracciglia corrugate, Euclide con il solito sorriso appena accennato.

“Stiamo osservando la stessa storia?” – Chiese perentorio Euclide facendosi serio all’improvviso con lo sguardo che penetrava gli occhi del suo amico. “Si!” rispose prontamente lui.

Allora ruotò lentamente la mano mostrando il palmo a Nicodemo e chiese ancora sottolineando la domanda – “Stiamo osservando la stessa storia???” – “Si” rispose.

“Allora? È una brutta storia?” disse sorridendo Euclide ostentando il palmo della mano davanti ai suoi occhi. E la risposta di Nicodemo fu ancora - “si” mentre guardava fisso gli occhi di Euclide sforzandosi di non guardare quel palmo imperioso a pochi centimetri dal suo naso.

“Quello che ho visto, non può cambiare, se una cosa è brutta, aggressiva e sporca, non può essere diversa, non può cambiare anche se cambiano le apparenze.”

Euclide invece stava zitto, osservava il dorso scuro e peloso della sua mano, e dopo un silenzio che a Nicodemo sembrò interminabile disse: “È vero! Ora vedo anche un lato brutto di questa storia, e voglio aggiungerlo a quello che avevo visto prima. Sembrava tutto bello, ma qualcosa di brutto c’era anche se non riuscivo a vederlo! Sono veri ed esistono entrambi i lati di questa storia e messi insieme ci dicono molte più cose di prima.” – Euclide sorrideva, mentre il suo compare continuava ad evitare di guardare quel palmo ancora alto sul suo volto.

Guardava con sfida gli occhi sorridenti di Euclide, poi di colpo, abbassò lo sguardo a terra e senza mai guardare la mano fece il primo passo per spostarsi. – “Ti saluto Euclide!” – e se ne andò dalla parte opposta.

Passarono i giorni… i mesi…

Era sera, non faceva più caldo, il sole tingeva l’orizzonte di quel rosso che unisce in un punto mare e cielo. Euclide usciva dalla locanda, Nicodemo arrivava. Si fermarono uno di fronte all’altro, il sorriso di Euclide era lo stesso di quando si erano lasciati, lo sguardo di Nicodemo sempre rigido e fermo.

“Finalmente ti ritrovo” disse il soldato offrendo il palmo della sua mano. Euclide riempì subito quel palmo con il suo, e si strinsero la mano sorridendo entrambi. Poi Nicodemo stringendola più forte, ruotò il polso portando in vista il dorso della sua mano destra, e lo indusse ad osservarlo.

Era un sussurro, ma si udì chiaramente – “Che brutta storia!” e di seguito – “Vieni a bere con me?”. “Si certo!” rispose Euclide spalancando il suo sorriso.

Bevvero ancora assieme… bevvero fino ad ubriacarsi, 

risero…. risero ancora molto.

“Sai cosa?” – “Cosa Euclide…” – “Per capirla bene tutta questa storia…. Tu… dovresti essere Me” – “Ah ah ah” - rideva Nicodemo…. “sì, è vero, 

e tu… 

tu dovresti essere Me!” – “Si... ah ah ah...”

 

“Capiterà… Capiterà!!!”.

 

 

….. e capitò!

 

Molti secoli dopo, capitò!

 

 

 

 Nikola B.
 

29/11/2022

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