Trom spostò lo sguardo ai lati del vicolo, poi tornò al centro.
Le tracce erano confuse, spezzate da impronte sovrapposte e schizzi di fango, ma lui le vedeva. Un segno più marcato, il tacco destro più profondo. Un occhio meno esperto le avrebbe perse da tempo.
La sua preda non sarebbe sfuggita.

Il crepuscolo gettava ombre lunghe, e le sue pupille da nano, abituate a vedere anche nel buio delle caverne, captavano ogni dettaglio. Le ombre nel vicolo sembravano strisciare, vive, e Trom sentiva la tensione pizzicargli la nuca. Lì fuori, qualcuno si muoveva. Un complice? Che provassero pure a fermarlo. I cinquanta scudi promessi da lord Owen non li avrebbe mollati per nessuno.
La sua ascia nera si sarebbe tinta di rosso.

Girò dietro un angolo e si fermò di colpo. Un fruscio dietro un barile gonfio d’acqua piovana gli fece stringere il manico in legno di quercia. Si abbassò, il torace largo che si sollevava piano. Due respiri, poi un salto nell’oscurità.
— Miaoo.
— Per mille pinte di birra… — abbassò l’ascia. — Un dannato gatto.

Si raddrizzò e fece scivolare la scure al fianco.
— Sciò, vai via.

Il gatto rosso lo fissò con occhi verdi come gemme, impassibile. Si leccò una zampa. Poi l’altra. Frustò l’aria con la coda. Si irrigidì.
Trom sollevò l’arma e si gettò di lato. Una freccia sibilò, colpendo il muro esattamente dove stava la sua testa un istante prima.

Si acquattò contro la parete, scrutando finestre e tetti, i muscoli tesi. Il gatto si avvicinò, si strofinò contro la sua gamba, come se nulla fosse. Trom gli accarezzò la testa senza staccare gli occhi dal buio.
— Bel tempismo, piccolo. Meriti un premio.

Dal tascapane estrasse una striscia di carne secca e gliela porse.
— Per ora accontentati di questa.

Il gatto saltò su una finestra rotta e sparì tra le ombre. Trom verificò che le tracce andavano nella direzione del gatto e lo seguì, con l’ascia in pugno.

Sul retro dell’edificio, una porta socchiusa cigolava piano. La locanda era Il Corno del Drago, vecchia, bruciata a metà. I locali la dicevano rifugio di contrabbandieri e trafficanti di vario genere, sparsi nelle vaste cantine e cunicoli scavati nel tempo.

Scese i gradini marci. L’odore di muffa, vino rancido e olio alchemico gli pizzicò il naso. I sensi all’erta: forse avevano lasciato qualche guardia. Una torcia tremolava sul fondo della cantina, rivelando botti sfondate e casse spaccate.

Poi un sibilo. Trom si piegò d’istinto: un pugnale gli sfiorò l’orecchio e si conficcò nel legno con un clac.

Dall’ombra emerse una figura alta, il volto nascosto da un cappuccio. Il cappotto nero era decorato con simboli rossi che pulsavano lievi.
— Ti sei mosso bene, nano. Ma non abbastanza.
— Non sei il primo idiota che mi tende un’imboscata. E non sarai l’ultimo che taglio in due, se non ti arrendi.

La risata arrivò rapida come una frusta.
— Arrendermi? Perché mai?

Le mani s’illuminarono di rosso. Trom caricò. La scure bipenne crepitò, lasciandosi dietro un bagliore viola. Il ladro alzò una barriera magica: il colpo fece tremare il pavimento.

— Per mille pinte di birra, non solo ladro ma anche mago. — Dovrò chiedere più di cinquanta scudi.

Una fiammata esplose dalla mano del ricercato. Trom si buttò di lato, schiantando una botte marcia. La fiammata colpì una trave di sostegno.
— Fai un altro passo e ti seppellisco — ringhiò il ladro.

Trom si fermò. Pezzettini di legno e pietra gli coprivano l’armatura. Tossì e portò l’ascia davanti a sé.
— Non mi spaventi — mormorò stringendo i denti. — Tu sei mio.

Caricò e puntò alle gambe. Il ladro sogghignò. Con un gesto rapido, lanciò un sacchetto contro la parete. Una vampata accecante, poi fumo. Trom lanciò l’ascia nel punto dove c’era il bersaglio. Quando la nebbia si diradò, era sparito.

Trom tossì, fece qualche passo e frugò tra le ceneri. Recuperò la sua arma. Un pezzo di tunica era rimasto attaccato all’ascia. Trovò una tasca interna, lo perquisì e si trovò tra le dita un frammento di pergamena strappato. C’era inciso un nome:

"Tarnow, Passo di Pietra."

— Bene... ti è andata male, dannato.

Il gatto riapparve e si strofinò contro il suo stivale.
Trom si abbassò, lo prese in braccio e si sistemò la scure sulla spalla.
— Mi hai portato fortuna. Abbiamo una mappa da recuperare... e una taglia da riscuotere.

Ritornò nel vicolo. Aveva cominciato a piovere. Una pioggerellina leggera, che avrebbe confuso ancor di più le tracce. Ma stavolta poteva puntare dritto.
— Ma lord Owen dovrà pagare molto di più per avere la sua mappa… oh sì, molto di più.

Trom accarezzò il gatto che si era posato sulla sua schiena e s’inoltrò tra le ombre del vicolo.

 

 

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