Per la prima volta dopo un sacco di tempo Ambra era sola, catapultata in una realtà diversa, con i pochi legami importanti distanti, troppo distanti, da lei. Poteva sentire la solitudine chiaramente: seduta in autobus con le cuffie, a cena con le coinquiline, a passeggio con i colleghi di università, sempre sola anche se non sembrava esserlo. All’inizio si sentì spaesata, impaurita e più avvertiva queste sensazioni più cercava di allontanarle e soprattutto di non darle a vedere; non voleva essere consolata, non voleva alcuna spalla su cui appoggiarsi, stava bene e se la sarebbe cavata.

Era nel pieno del semestre, la frenesia delle prime settimane era svanita e frequentare le lezioni si faceva sempre più faticoso. Fortunatamente aveva trovato alcuni ragazzi simpatici e gentili con cui fare gruppo e con cui condividere ogni aspetto della vita universitaria; però, pur passando la maggior parte del tempo in loro compagnia, non riusciva ad aprirsi ed essere se stessa insieme a loro. Si comportava in modo diverso dal solito, involontariamente, e dava un’immagine di sé che non corrispondeva esattamente alla verità; non sapeva perché stava agendo in questo modo, forse aveva bisogno di crearsi un piccolo universo parallelo in cui anche lei era diversa, magari migliore.

Per il momento comunque non si poneva troppe domande a riguardo e continuava ad apparire timida e sfuggevole, quando invece era un vulcano sotto ogni punto di vista. Novembre stava finendo, era single da una settimana ed era venerdì: avrebbe dovuto fare i bagagli, prendere il treno e tornarsene a casa. Stavolta, però, non ne aveva il minimo desiderio, anzi; la città nel fine settimana acquisiva un enorme fascino ai suoi occhi. Decise quindi di restare, scatenando la gioia delle sue compagne di corso e la rabbia della coinquilina che credeva di avere campo libero per stare con il suo ragazzo.

“Tu non sai che festa c’è stasera al Garden! Roba imperdibile; fortuna che sei rimasta!”. Francesca era l’anima della combriccola, sempre allegra e con la battuta pronta. Era piuttosto bassa e con qualche chilo di troppo qua e là, ma con il suo carattere avrebbe potuto conquistare anche la persona più musona della storia. Aveva uno stile nel vestire tutto suo, irriverente anch’esso, a cui si aggiungevano cappelli colorati di ogni tipo e unghie che sembravano artigli di una pantera. Romagnola, di un paese vicino a Rimini, sapeva perfettamente come divertirsi e rendere la serata interessante.

“Avanti, sentiamo, che dj dell’altro mondo suona? Chissà quanto ci costerà l’entrata…”. A parlare era stata Silvia. Un metro e ottanta di ragazza, capelli neri mossi che scendevano lungo la schiena, occhi verdi. Se Ambra fosse stata un maschio, ci avrebbe indubbiamente provato con lei; era ciò che oggettivamente si definisce una bella ragazza, non aveva alcun difetto (forse i piedi e le mani non erano proprio piccoli e femminili, ma chi fa caso a questi dettagli?). Era la più riservata del gruppo, ma allo stesso tempo aveva un carattere forte e Ambra, a giudicare da quel poco che la conosceva, credeva che fosse un tipo su cui poter fare affidamento.

“No, no, ma quale dj! C’è il party universitario, gli shots costano 1€ e i drink 3! È la serata perfetta per tre giovani ragazze libere! Libere da impegni e soprattutto da legami sentimentali! Dobbiamo assolutamente andare, capito?”

Silvia si era voltata in maniera molto discreta verso Ambra lanciandole uno sguardo d’intesa, di chi sa che l’amica è partita per la tangente e che la battaglia è persa in partenza.

“Frà, datti una calmata, sembra tu non esca da settimane; dai che poi mi vai in ansia da prestazione!”

“Oooh, scusate se non penso solo a studiare da mattina a sera!” Francesca era un tantino permalosa, difficilmente riusciva a non ribattere su ogni singola cosa.

“Va bene, va bene, calmiamo gli animi. Alle otto e mezza venite da me, ordiniamo una pizza a domicilio, ci prepariamo con calma e poi andiamo al Garden.. può andare?”

Silvia ringraziò mentalmente Ambra per l’intervento e Francesca sfoderò un’espressione vincente e soddisfatta. “Sì, perfetto! Le pizze le andiamo a prendere noi due e te le portiamo, però. Margherita, capperi e acciughe, vero?”.

“Sì, brava ragazza. A dopo, allora!” E si salutarono all’inizio di via San Vitale, ognuna verso casa propria.

 

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