Si era svegliato con la luna storta.

 

Per fortuna capitava raramente ma quando succedeva anche i suoi confratelli cercavano di evitarlo. Capivano subito che qualcosa non andava: bastava vederlo camminare nella quiete rassicurante del monastero: non aveva il consueto passo lento, insonorizzato, quasi docile, era più una corsetta nervosa, gli occhi guardavano altrove, la bocca era leggermente sbilanciata sulla sinistra a disegnare una smorfia e il ciuffo grigio, ribelle, cadeva sulla fronte. Quando lo incontravano in queste condizioni, salutavano con un cenno del capo, perché anche un semplice “Pax tibi”, augurato pur sottovoce, poteva essere male interpretato. Sapevano però che Domenico era un sant'uomo e volendogli un gran bene, perdonavano di cuore le sue debolezze. Quella mattina però qualcosa non andava, Domenico avvertiva una strana sensazione di freddo, come un persistente malessere. Si diresse nella cucina del monastero per prepararsi il “caffè dei frati” ovvero un bicchierino di grappa e una moka di caffè in tazza grande. Un piacevole calore alcolico si diffuse per il corpo. Uscì, salì sulla Vespa 125 e si diresse verso la chiesetta, persa nella campagna, con la veste bianca che svolazzava da ogni parte.

Dopo essersi inginocchiato, solitario, nel centro della navata, davanti a un meraviglioso crocifisso ligneo del 600, restaurato grazie al generoso contributo di un anonimo benefattore, prese posto nel luogo che più gli dava serenità. Entrò nel vecchio confessionale che profumava ancora di legno, abbassò il seggiolino e iniziò a pregare meditando i pensieri di Santa Teresa. Il silenzio era pressoché totale, si udiva solamente lo scricchiolio del legno e altri rumori provenienti da chissà dove, tipici degli ambienti con un'importante storia alle spalle. Concentrato nella lettura non si accorse della porta laterale che si apriva, non si accorse nemmeno dei passi verso di lui. Qualcuno era entrato e si era inginocchiato pesantemente al confessionale. “Strano, pensò Domenico, è un'ora insolita per la confessione, in un giorno feriale, ancora di più". Si schiari’ la voce, indosso’ la stola viola intorno alle spalle e spostò la tendina che copriva la grata. Chiuse il libricino che stava leggendo per benedire, svogliato, il penitente pronunciando, con uno sbadiglio che soffocava la noia, la consueta formula ”Dio Padre ti conceda l'umiltà del cuore, la sapienza dello spirito e la serenità della mente, affinché tu possa liberare la tua anima e la tua vita dai pesi che ti opprimono. Amen, ti ascolto”. Passò un minuto o due prima di udire una voce ”Questo è un bel giorno per morire, anche se a dire il vero sono già morto”. Pareva che quella persona parlasse da solo, ad alta voce, concludendo un discorso iniziato in precedenza. ”Proprio oggi che mi gira male…un pazzo, mi è capitato un pazzo” pensava Domenico. Non ho capito, riprese, tanto per prendere tempo e pensare ad una risposta adeguata, ”Proprio un bel giorno per morire, ho detto”. Cercava, il monaco, di scorgere, attraverso la feritoia, chi fosse ad aver pronunciato questa sentenza. Intuiva però solo i lineamenti confusi del viso e nulla più. La voce non rivelava alcuna increspatura, non un segnale di sconforto o di sconfitta, non un segno di malinconia che giustificasse un'affermazione così perentoria. Si tormento’ le dita prima di prendere la parola, “Perché sei venuto da me se hai questa idea?” “Perché prima di mettere in atto il mio proposito voglio essere ascoltato, capito e giustificato”. Rispose senza alcun indugio lo sconosciuto. “Quindi, se ho compreso, vorresti un’assoluzione anticipata, prima di commettere un peccato?”. Domenico iniziava ad infervorarsi. “Quello che chiedi è impossibile, non si può perdonare un’intenzione o un'idea, al massimo posso giudicarla con la grazia dello Spirito Santo e farò di tutto per farti tornare sui tuoi passi, questo sì. Soprattutto però dovresti sapere che porre fine alla propria vita è un peccato mortale, da rimettere nelle mani di nostro Signore. Io posso pregare per te”. “Un peccato mortale uuu…che parolone”. Sbigottito da questa replica che aveva il sapore della presa in giro, si guardò le mani ruvide, da ex carrozziere, che sudavano e che erano grandi come dei piccoli badili. Ancora silenzio, come se entrambi valutassero chi avevano davanti, come in una partita a scacchi, studiavano i rispettivi atteggiamenti. Solo che questo non era un gioco, non c'erano giocatori che calcolavano con astuzia la successiva mossa, c'era la verità di un Sacramento e c'erano due persone sulla stessa barca con idee diametralmente opposte.“Perché hai preso questa decisione?” Si udiva il respiro catarroso, quasi fastidioso, rimbombare nell'immobilità dell'aria. “Sono solo, non ho più nulla da fare, ho raggiunto i traguardi che desideravo, ho altri progetti, ma posso farli anche dopo, altrove, per così dire. Nulla mi trattiene, il mio tempo è scaduto, è ora che ritorni a casa ”. Domenico continuava a non capire e non diede peso a questa stramba affermazione. C'era, tuttavia, una certa distorta razionalità in quello che udiva, e ciò che il frate percepiva da queste parole, pronunciate con odiosa determinazione, lo lasciava di stucco. Non che approvasse questo modo di ragionare, però in un certo senso apprezzava l'integrità e l'oggettività verbale del penitente, sia pure con il giusto e obiettivo distacco. ”Quando mi dici che sei solo, vuoi dire che non sei sposato, che non hai affetti da coltivare?”. “Sono di passaggio su questa terra, come tutti, ho dei fratelli in giro per il mondo, non so quanti e neanche dove”. Stava per continuare, ma Domenico, spazientito da queste ulteriori stranezze, lo interruppe: "Allora non sei solo, hai qualcuno che ti aspetta, che ti vuole bene”. “All'inizio tutti mi vogliono bene, comunque hai ragione, completamente solo no, non lo sono. Incontro e frequento persone, tante tutti i giorni perché è il mio compito e per un senso di responsabilità e anche di pietà, certamente non per amore, apro i loro occhi e le curo. Posso dire, con soddisfazione, di averle conquistate; ci rivedremo un giorno, non perché mi amino alla follia, ma ci rivedremo. Vedi, quello che tu chiami amore è rancore sommerso che piano piano emerge”. Domenico prese la parola “A parte che dici cose completamente sbagliate e senza senso, non hai una compagna? “Una compagna? Io? Figurati, ne ho più di una, sono assolutamente un convinto poligamo, contrario al matrimonio e sostenitore dall'amore libero: ogni giorno mi diverto con donne o uomimi diversi, anche tutti insieme, il sesso è relativo, non fa differenza: non per vantarmi ma la fantasia non mi manca, e voi umani siete così noiosi, prevedibili, sempre le stesse cose…ma non divaghiamo, voglio parlare con te e di te". Di me ho già detto abbastanza.

 

 

 

 

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