Ti ho pensato, sai? Ti ho pensato così spesso che a volte mi sembravi vero, mi sembravi intero, in carne ed ossa. Mi sembravi in piedi di fronte a me, col tuo odore e il tuo fiato dentro al mio. Mi sembravi vivo, si. Eri vivo. Eri così vivo che ad un certo punto ti ho stretto forte, ti ho abbracciato. Ti ho abbracciato per l’ultima volta e ti ho salutato. Tu non mi hai salutato, non mi hai neanche guardato per l’ultima volta, hai fatto per andartene ed io, finalmente, ti ho lasciato andare. Si, ti ho lasciato andare via. Ora ho smesso. Ho smesso di pensarti e di sentirti vivo accanto a me. Ora non ci sei più. Nei miei sogni, nelle mie notti lunghe, ora non ci sei più. Ora riesco a girarmi nel mio letto senza paura di farti male. Non te lo do più il buongiorno appena sveglia, non più. Sono andata a fare la spesa l’altra sera. Mi piace così tanto farla. Mi piace farla soprattutto di sera, incontri chi è sopravvissuto al giorno intenso e ora vuole correre a casa da chi ama. Oppure incontri chi comincia il suo viaggio di pace con se stesso, chi ha resistito e ora respira. Volevo preparare una torta salata con spinaci e ricotta. A te non piacevano le verdure, non le mangiavi mai, nemmeno sotto tortura. Ricordo che per farti mangiare i pomodori dovevo riempirli d’olio e qualche formaggio per camuffarne il sapore. Ti piacevano solo così, o forse lo facevi solo per farmi contenta. Quando ceno da sola non apparecchio mai la tavola. Mi preparo il mio piatto e vado sul divano, mi stendo e spengo la luce grande. Accendo la lampada e mi assicuro di avere il telecomando in vista. Premo play e inizio la mia cena in pace con me stessa. Nessuno mi dà regole, nessuno mi dice come devo star seduta o se usare le posate o la tovaglia o il bicchiere. Mi piace molto questa sensazione di libertà e reminiscenza di un pensiero tanto desiderato da tutta la vita. Mi piace che nessuno mi osservi e mi dica cosa fare e come farlo. Mi piace restare lì, col piatto vuoto sulle gambe e spostarlo sul divano quando mi ha stancato vederlo su di me. Mi piace l’elogio che mi faccio dopo cena. Mi piace il senso di spensieratezza che vaneggiava da anni, mi mancava. Mi mancava da morire. Non potrei farne a meno adesso, sai? Com è possibile rendere la normalità della condivisione un oblio nel quale si ha paura di rientrare? Non voglio abbandonare questa imprudenza affettiva. Mi piace così tanto.

-Non ti credo, Amelie. A chi non piace condividere?

-Ma a me piace condividere.

-E allora perché dici che ti piace stare sola?

-Perché mi piace davvero.

-Certo, ma ti piacerebbe anche avere qualcuno, no?

-Mi piacerebbe avere il mare di fronte casa. A te piacerebbe?

-Ma cosa c’entra ora, Amelie?

-Cosa c’entra il mare? Il mare c’entra sempre!

-Stavamo parlando di solitudine.

-Col mare che ti fa compagnia non potresti mai sentirti solo, o forse si.

-Il mare resuscita i ricordi, Amelie.

-Hai ragione, ma talvolta li trasforma in pace.

-Andiamo al mare, Amelie. Ti va?

-Si, mi va!

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